Il termometro di Sardagna

D'inverno, quando si congela e poi si scongela, la cascata offre ai trentini di città un'indicazione a occhio nudo della temperatura esterna

Per gli abitanti del sobborgo alle pendici del Bondone è un simbolo così longevo da figurare perfino sullo stemma dell'antico comune e della stessa nobile famiglia dei Sardagna. La cascata ben visibile quasi da ogni angolo della città fa parte dell'orizzonte tradizionale dei trentini: in ogni stagione dell'anno ma in modo particolare d'inverno, quando lo stato di congelamento dell'acqua che scende dal rio Sardagna costituisce anche una sorta di termometro naturale, a occhio nudo.

In molti hanno guardato dal basso la rupe di Sardagna, rimanendo colpiti dal lavorio secolare dei ghiacci e dell'acqua: perfino il Sommo Poeta Dante Alighieri, che descriveva “quella ruina che nel fianco di qua da Trento l'Adige percosse”, nel dodicesimo canto dell'Inferno, riferendosi proprio a Sardagna, secondo le interpretazioni locali riferite da don Gabriele Rizzi, storico sardagnolo.

In un doppio articolo pubblicato su Strenna Trentina nel 1947 e 1948, l'anziano prete trentino scriveva che “questo rivo antico racconta la storia dell'uomo nella nostra regione”.

“La roggia di Sardagna – annota don Gabriele – è un vero benefattore per il villaggio: muove la ruota dell'unico mulino e dispensa l'acqua alla campagna circostante. Nella stagione delle piogge la gora si muta in un torrentello rumoroso per la ghiaia e la terra che convoglia seco e rabbioso di lancia dall'alta rupe con un salto che forse supera i 100-130 metri nella profonda buca sottostante per uscirne poi e, con nuova corsa, precipitarsi in Adige”.

E molti ragazzi di Sardagna ricordano le discese in località Villa San Nicolò – residenza dell'Arcivescovo emerito Alessandro Maria Gottardi – per andare a esplorare la cavità scavata dalla vertiginosa caduta dell'acqua.

Quasi a “benedire” l'acqua di Sardagna l'immagine della cascata si completa con quella del campanile della vicina chiesa cimiteriale dei Santi Filippo e Giacomo. Un gioiellino d'arte valorizzato nei percorsi dall'associazione culturale di Sardagna “Altosasso”.

Ma non va dimenticato che sotto alla cascata, grazie alla conformazione geologica del terreno, si è sviluppata a fine Ottocento l'estrazione della materia prima e, a partire dai primi anni del Novecento l'attività di lavorazione di tegole e mattoni, fondata da Domenico Frizzera e poi assunta dagli industriali bergamaschi dell'Italcementi nel 1910, come raccontiamo nel volume “Le fabbriche di Trento” (Edizioni Vita Trentina). Fino alla chiusura e allo smantellamento del sito industriale negli ultimi anni che ora lascia il posto ad un nuovo polmone cittadino.

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