Attenti alla misericordia

Fratel Enzo Bianchi lancia l'anno pastorale “fondando” nella Bibbia gli impegni del Giubileo. Bressan: “apriamo le porte della carità”

Nella Bibbia il termine ricorre 205 volte. Ma sulla “misericordia” non basta meditare o predicare. C'è un “fare misericordia”, tanto concreto quanto motivato dall'acolto profondo della Parola, che dovrebbe diventare l'impegno della Chiesa trentina in questo Anno santo. Rilanciando le indicazioni di Papa Francesco, l'Arcivescovo Luigi Bressan ha invitato sabato scorso a dedicare un tempo opportuno (fino a Natale 2015) all' approfondimento del dono che abbiamo ricevuto – la bellezza del volto misericordioso di Dio, appunto – per poterlo poi offrire agli altri. Le iniziative da programmare anche nelle zone pastorali saranno sì di preghiera e ascolto, ma soprattutto d'impegno concreto attraverso l'apertura di “porte sante della carità” individuate sui territori sull'esempio di Bergoglio: “Possono essere le porte delle case di riposo, dei luoghi di cura o di sofferenza, in cui entrare anche con i gruppi della catechesi o dei giovani”, ha esemplificato mons. Bressan, invitando a collocare in una prospettiva di misericordia tutte le iniziative pastorali introdotte dalla delegata Cecilia Niccolini: dal Convegno Ecclesiale di Firenze, illustrato da Monica Signorati, all'accoglienza dei profughi, su cui ha riferito Roberto Calzà, direttore della Caritas.

A scandagliare il vasto sottofondo biblico del tema “misericordia”, presentata fin da subito “non solo come l'attributo di Dio” ma “l'identità stessa di Dio”, è stato l'ospite atteso all'Auditorium, il priore della comunità di Bose, Enzo Bianchi. Ha voluto ricondurre anche agli altri pontefici la centralità della misericordia, una direzione di svolta innescata da Giovanni XXIII quando disse all'apertura del Concilio Vaticano II nel 1962 che ora la Chiesa “preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”.

Dopo aver ringraziato la Chiesa trentina (“una comunità dalla fede matura e pensata”, ha detto), Bianchi ha accompagnato gli 800 operatori pastorali alle fonti dell'Antico e del Nuovo Testamento con il suo tono appassionato ed erudito, mai accademico, comprensibile. “Non dobbiamo proiettare su Dio le nostre idee di misericordia – ha chiarito – ma cercare di capire ciò che lui desidera da noi”. Impossibile sintetizzare i riferimenti anche etimologici al tema nella Bibbia (la lunga relazione di Bianchi sarà disponibile nei siti diocesani anche in audio), a partire dall'Esodo fino alle parabole di Gesù. “Dobbiamo confessare che ancora oggi ciò che di Cristo più scandalizza non sono le sue parole di giudizio e nemmeno il siuo “fare il bene'. Al contrario, ciò che scandalizza è la sua misericordia, interpretata da Gesù in un modo opposto di quello pensato dagli uomini religiosi, anche da noi”.

Nella storia della Chiesa, secondo Bianchi, “è quasi sempre apparso più attestato il ministero di condanna piuttosto che quello della misericordia e della riconciliazione”. L'espressione “delitto – castigo” non dovrebbe essere cristiana, ha chiarito, chiedendosi poi: “perchè non riusciamo a comprendere che la santità di Dio non splende quando non c'è peccato dell'uomo ma quando Dio ha misericordia e perdona? L'onnipotenza, la sovranità di Dio, si mostra anzitutto perdonando”.

Molto operativa la conclusione con i tre passaggi necessari per un “fare misericordia” che non sia solo emozione, ma vita concreta. Sull'esempio del buon samaritano (la nota opera di Van Gogh campeggiava dietro i relatori) si tratta prima di “saper vedere” chi è in difficoltà, poi di avvicinarlo lasciandosi interrogare dal suo bisogno (senza pregiudizi) e infine di rimboccarsi le maniche, realizzando con fantasia operativa quello che ci è possibile fare. “Nessuno – ha concluso fratel Enzo – potrà dire che non ha potuto fare misericordia”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina