Quel prete e lo scemo di guerra

Lo scrittore Mauro Neri “rilegge” l'avventura umana di don Primo Discacciati: un testo coinvolgente e commovente, “meditato” dalle voci del coro Croz Corona

Sarebbe riduttivo chiamarlo concerto-spettacolo, ma anche recital, tanto meno musical. La serata proposta a Trento giovedì scorso dal giornalista e scrittore Mauro Neri (per condividere in modo originale con gli amici l'approdo alla pensione) è un reading musicale, l'intensa lettura di un testo scritto accompagnato in funzione meditativa da un coro: in questo caso il raffinato Croz Corona, diretto dal maestro Renzo Toniolli (in estate, a Storo, era stato il coro Valchiese ad eseguire le canzoni montanare a stacco fra un testo e l'altro).

Protagonista delle due ore mozzafiato alla Sala della Regione è il racconto scritto nella sua forza nuda, affidato però ad una voce viva e “teatrale” solo in alcuni passaggi più emozionanti. Neri, autore trentino molto amato dai ragazzi anche per le sue incursioni nel mondo fantastico delle leggende e delle tradizioni popolari, è riuscito così a raccontare la Prima Guerra – forse ogni guerra – in modo assolutamente originale e pedagogico nello svelare le conseguenze personali e psicologiche, prima ancora che sociali, del conflitto. Lo ha fatto ancorandosi con il solito rigore alle fonti storiche verificate sul posto (il forte San Marco sopra Caprino Veronese gli è stato ambiente di ispirazione diretta), ma innescando con la fantasia, si direbbe quasi verosimiglianza, un incontro di grande effetto narrativo e, soprattutto, umano.

Lo “scemo di guerra” del titolo è una figura messa in evidenza dalla storiografia più recente, sulla base dei molti episodi accertati di militari che si fingevano pazzi per poter lasciare il fronte. In questo caso è un prete-soldato mandato in trincea come tanti altri contadini e artigiani e il cappellano militare dell'ospedaletto di Storo che lo visita e si prende cura della sua sorte: si chiama don Primo Discacciati, 38 anni appena, lombardo di Lazzate pria in cura d'anime ad Asso. Ha lasciato un diario struggente e altrettanto prezioso, perchè annotato di giorno in giorno con grande puntiglio: lo ha riscoperto e valorizzato lo storico chiesano Gianni Poletti (preziosa la sua introduzione della serata) pubblicandolo nel 1987 in un fascicolo del gruppo alpini di Storo. Sulla base della ricerca storica di Poletti, Neri ha ridato voce e sentimenti alla figura di don Primo (rimepiendo con la fantasia soltanto un periodo “silenzioso” di tre settimane nel giugno 1917) sottolineando come la sua scelta di fare il cappellano militare (“embedded” si direbbe oggi) fosse dettata soprattutto dal desiderio di condividere come ministro della Chiesa la sorte di tanti giovani delle sue terre. Nelle riflessioni scritte nell'ospedaletto di Storo, c'è però sempre estraneità alla giustificazione politica della guerra: “per don Primo la guerra è un accadimento fatale che tutti sovrasta”. Messaggi umani e cristiani di solidarietà e fraternità, giustizia e misericordia s'affollano nelle due ore (a proposito: forse il testo potrebbe essere un po' ridotto, pensando alla “tenuta” di un un pubblico giovanile) che costituiscono uno dei lavori più originali e significativi di mesi di celebrazioni della Grande Guerra. La meditazione s'appoggia ai bassi e ai solisti del coro di montagna, sia nei brani più tradizionali come “Il testamento del capitano” (resi peraltro con originalità) sia nei testi come “Ego te absolvo” e “Padreterno”, scritti dallo stesso Neri, che meritano di entrare nel patrimonio della coralità montanara.

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