Se la rete diventa un ring

Abbandonata dalla Rai, snobbata dal pubblico, Miss Italia è balzata quest'anno agli onori della cronaca per un'infelice battuta della vincitrice. Interrogata dalla giuria sull'epoca in cui avrebbe voluto nascere, la giovane Alice Sabatini ha risposto il 1942. La motivazione? Vivere da vicino la seconda guerra mondiale, di cui ha sempre sentito parlare solo dai libri di storia. Tanto, essendo donna, non avrebbe neanche dovuto fare il soldato… Qualche anno fa, la gaffe sarebbe stata presto dimenticata, ma oggi la televisione viaggia sempre più attraverso i social network. In tempo reale, gli utenti della rete hanno sommerso di commenti non proprio lusinghieri la ragazza, ricordandoci che le parole, nell'etere, sono molto meno volatili di quel che si possa immaginare.

Se in questo caso il tormentone si inserisce in un contesto arrugginito che forse non disdegna un po' di pubblicità, la moda del tiro al bersaglio che spesso caratterizza la rete fa riflettere. Basta una notizia, il post di un personaggio famoso, ma anche la semplice condivisione di un contenuto sulla propria bacheca personale a scatenare una catena di commenti dove non è certo raro leggere insulti, minacce, offese. Protetti a volte dall'anonimato di un nickname e sempre dalla barriera di un video che rende il bersaglio apparentemente impersonale, molti sfogano sulla tastiera una rabbia che nell'impossibilità di un reale confronto con l'antagonista diventa sterile esercizio di una violenza verbale mai senza conseguenze.

Quasi un anno fa avevamo stigmatizzato la vicenda di Enrico Rizzi, segretario del partito animalista europeo, che sul suo profilo facebook si era dichiarato felice per l'improvvisa morte, in una battuta di caccia, del Presidente del Consiglio regionale Diego Moltrer. Un'affermazione che aveva scatenato commenti scandalizzati, ma anche una valanga di consensi. E nessuna conseguenza legale per l'autore.

Qualcosa è cambiato. L'offesa su facebook è stata considerata in alcune recenti sentenze equivalente alla diffamazione a mezzo stampa, aggravata proprio dal fatto che attraverso la rete ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.

Prima ancora che che puntare sulla repressione di atteggiamenti negativi che rovinano le incredibili potenzialità comunicative della rete, la vera sfida è sempre di più quella di migliorare l'educazione all'utilizzo di queste piazze virtuali che proprio perché si proclamano democratiche non possono prescindere dai principi fondamentali di rispetto della libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona.

L'approvazione a luglio, da parte di un'apposita commissione parlamentare, della Dichiarazione dei diritti in Internet rappresenta un primo passo in questa direzione. Ma rendere la rete migliore, riscoprendo con senso critico quello che ci propone e imparando ad usarla in modo corretto, è compito di ciascuno di noi.

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