Lo spazio di Samantha

E’ partito da Trento il tour di Samantha Cristoforetti, prima italiana nello spazio. L’invito ai giovani trentini è a essere curiosi, ad alzare lo sguardo, a porsi obiettivi alti

Trento, 5 ottobre – “Dovete avere una visione globale, dovete guardare le cose da lontano, le soluzioni ai problemi vanno trovate da quella prospettiva, dall’alto”. Richiamano le battute conclusive del celebre discorso di Steve Jobs, fondatore della Apple, alla cerimonia di consegna dei diplomi all’Università di Stanford, nel 2005 (“Stay Hungry, Stay Foolish”: “Siate sempre curiosi, pensate sempre fuori dagli schemi”) le parole di incoraggiamento rivolte da Samantha Cristoforetti, prima italiana nello spazio, agli studenti e alle studentesse delle scuole trentine nella tappa d’avvio del “Post flight tour”. E’ partito proprio da Trento il viaggio promosso dalle Agenzie spaziali europea (Esa) e italiana (Asi) e dall’Aeronautica militare che nei prossimi giorni porterà su è giù per l’Italia “Astrosamantha” e i suoi compagni d’avventura nell’avamposto 42, la Stazione spaziale internazionale (Iss), l’americano Terry Virts della Nasa e il russo Anton Shkaplerov della Roscosmos.

La giornata comincia con gli appuntamenti istituzionali: prima nel palazzo della Provincia dove l'astronauta, nata a Milano ma di origini trentine, riceve l'Aquila di San Venceslao, la massima onorificenza della Provincia autonoma di Trento dal Presidente della giunta provinciale, Ugo Rossi, presente anche il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta; poi in Rettorato, dove incontra i rappresentanti dell'Università di Trento e della Fondazione Bruno Kessler (con il rettore Paolo Collini ci sono il segretario generale di FBK Andrea Simoni e l’assessora provinciale alla ricerca Sara Ferrari); quindi al Centro per la protonterapia. Ma è all’Auditoriuma S. Chiara, al mattino, e al Muse – Museo delle Scienze di Trento, nel tardo pomeriggio, che Samantha Cristoforetti, accompagnata dal presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston, e dal generale dell’Aeronautica Militare, Claudio Salerno, può sentire il calore dell’abbraccio dei trentini.

Agli studenti e alle studentesse delle scuola trentine e alle tantissime persone che gremiscono il prato del Muse Cristoforetti racconta le sue 200 giornate nello spazio durante la missione Futura (record di permanenza per una donna), dentro quell'“avamposto dell'umanità nello spazio” che è stato la sua casa per così lungo tempo e che lasciare, alla fine, è stato difficile (“Anche se il prolungamento inaspettato della missione – dice – mi ha in qualche modo preparata al distacco”).

Accompagnato da immagini mozzafiato della Terra vista dalla stazione orbitale, il racconto di capitan Cristoforetti alterna osservazioni di carattere personale e considerazioni dal taglio più scientifico e professionale soffermandosi sulla lunga e minuziosa preparazione alla missione (“Fino all’ultimo non sai se partirai davvero”), sulla partenza nella capsula spaziale lunga appena sette metri “legati ai sedili come salami” e sul lungo volo con la sensazione, per la prima volta, di fluttuare nello spazio (“Ho dovuto convincere pian piano il mio cervello che non stavo cadendo da nessuna parte”), fino all’arrivo alla Stazione Spaziale Internazionale, accolti dai tre colleghi astronauti da mesi già nello spazio. Con accenti appassionati illustra l’attività nella stazione orbitale, il significato delle ricerche condotte, la vita quotidiana degli astronauti scandita dal programma dettata dal computer “che ogni mattina ci ricorda cosa dobbiamo fare durante la giornata”.

“Passione, curiosità, determinazione” sono le doti che Michele Lanzinger, direttore del Muse le aveva riconosciuto, chiamandola in mattinata sul palco dell’Auditorium. E’ qui che Astrosamantha si concede a lungo alle domande degli studenti e delle studentesse, da quelle di carattere più tecnico, tese a soddisfare le più varie curiosità relative alla vita a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (“Gli attrezzi che avete a disposizione per operare all’esterno della stazione spaziale sono composti di leghe speciali?”, “Come funziona la stampante 3D in condizioni di gravità zero?”, “Hai mai avuto una giornata no?”), fino ad affrontare questioni più profonde. “Non ho mai creduto che la scienza possa dare una risposta a tutte le domande, anzi!”, dice rispondendo a una studentessa. E spiega: “Più troviamo risposte, più allarghiamo il cerchio di luce; ma in questo modo il perimetro di questo cerchio di luce, che è il confine con il mistero che c’è oltre, diventa sempre più grande. Più scopri, più il mistero che c’è oltre diventa ancora più grande”.

L’invito ai giovani trentini è a essere curiosi, ad appassionarsi, ad alzare lo sguardo, a mettersi in gioco vivendo anche un’esperienza di studio all’estero (“E’ una possibilità da cogliere, vi insegna a vedere le cose con gli occhi degli altri, ad avere una visione globale”), a porsi obiettivi alti. Come lei, che fin da piccola si immaginava nello spazio.

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