Un autunno caldo?

La domanda se sarà un autunno caldo non è peregrina. Ci sono scadenze economiche, politiche e sociali che si accumulano e non è semplice capire se i venti di guerra che sembrano spirare in diverse direzioni preannunciano tempeste vere o solo tempeste in un bicchier d’acqua.

Sul piano politico non è chiaro se lo sblocco della vicenda sull’approvazione del ddl Boschi sia reale o solo momentaneo. Apparentemente negli ultimi giorni le stesse opposizioni sembrano essersi arrese dichiarando di fare “resistenza passiva”, cioè in realtà di rassegnarsi a vedere approvato il testo del governo con le piccole modifiche di maquillage concesse alla minoranza dem. Non è però detto che non sorgano intoppi in corso d’opera e per due ragioni.

La prima già visibile è l’imbarazzo per l’alleanza tattica che Renzi ha stabilito con i transfughi di Verdini. E’ qualcosa di diverso dal vecchio patto del Nazareno, che era un rispettabile accordo con il maggior partito di opposizione per scrivere insieme alcune riforme. Ora si tratta dell’apporto di un gruppo trasformistico, dall’assai incerto profilo ideologico, il che lascia immaginare commerci non proprio onorevoli, anche se non è detto che poi ci siano davvero. Tuttavia è già abbastanza per dare l’occasione alla minoranza dem di riguadagnare uno spazio politico su un terreno che è molto più propizio per raccogliere interesse e adesioni di quanto non lo fossero le intemperanze sulle modalità di scelta del nuovo senato.

In più adesso c’è il tema di due passaggi sui quali lo stesso Renzi si è detto disponibile a trattare, visto che sono stati oggetto di critiche quasi generalizzate. Il primo riguarda le modalità di elezione del Capo dello Stato, che nell’attuale disegno sarebbero troppo in mano alla maggioranza (con premio) risultante dal varo dell’Italicum (anche se bisognerebbe andarci cauti nell’immaginare che poi compagini di parlamentari così vaste agiscano disciplinatamente in modo unitario). Il secondo riguarda le norme transitorie per le prime elezioni del nuovo senato, che sono un guazzabuglio tecnicamente poco appetibile. In quei passaggi al senato non è escluso che si aprano spazi in cui possono infilarsi tutti quelli che non hanno dismesso l’intenzione di sabotare la vittoria di Renzi.

Il secondo scenario di cui tenere conto è quello della legge economica di stabilità. Qui Renzi si è lasciato andare a promettere molto nella speranza, comprensibile, di rilanciare l’economia sia attraverso un incremento dei consumi sia con qualche aiuto all’industria. E’ però un terreno molto difficile perché le risorse sono scarse e vanno trovate a suon di tagli, cioè di operazioni che se portano consenso su un fronte creano malumori o peggio su un altro. Inoltre c’è da tenere conto del rapporto con Bruxelles, dove certo il governo può contare su qualche simpatia fra i capi di stato dei partner, ma deve tenere conto anche di una certa ostilità da parte delle tecnocrazie che vogliono marcare il loro territorio e che pensano che l’Italia sia sufficientemente debole per diventare il terreno ideale su cui dispiegare la loro manovra.

Naturalmente Renzi sa benissimo che sul fronte economico si gioca i due terzi della sua partita per il consolidamento della leadership. Propone un piano abbastanza audace di intervento, ma non può permettersi fallimenti, perché i suoi nemici lì lo aspettano al varco.

A complicare questo panorama è arrivata di recente la rottura che Confindustria ha annunciato coi sindacati. Alcuni pensano che si tratti della normale tattica del fare il viso cattivo nella prima fase dei negoziati, ma è probabile che gli industriali da un lato non siano disposti ad accettare una certa crescente irragionevolezza dei vertici nazionali e regionali dei sindacati (a livello di fabbrica il discorso sarebbe differente) e dall’altro non resistano alla tentazione di approfittare di un certo discredito che investe il sindacalismo, troppo concentrato a tutelare i già tutelati, sicché pensano sia possibile ristabilire un potere di direzione se non perduto certo indebolito negli ultimi decenni.

Sono tutti fatti che preludono ad un autunno tutt’altro che tranquillo. Se le tensioni si sommeranno è probabile che le difficoltà aumenteranno di molto. Se invece si riuscirà a tenere distinti i vari ambiti (ma è molto difficile) le tensioni potranno essere tenute ad un livello fisiologico.

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