“La mia vita sul filo”

A Trento l'artista araba israeliana Mira Awad ha aperto il Festival Religion Today 2015

Cantante, cantautrice e attrice araba israeliana – è nata in un villaggio arabo nel Nord di Israele -, Mira Awad è nota anche e soprattutto per l’impegno politico per la causa dei cittadini arabi dello Stato di Israele e per la convivenza pacifica tra i popoli. Il suo spettacolo la sera di venerdì 9 ottobre al teatro San Marco di Trento, al termine della proiezione della pellicola “East Jerusalem/West Jerusalem”, di cui è co-protagonista insieme ad altri artisti arabi e israeliani, ha inaugurato la 18a edizione di Religion Today, il Festival internazionale di cinema, religioni e società.

Sono i giorni in cui si riaccende in Medio Oriente lo scontro mai sopito tra Israeliani e Palestinesi, con aggressioni a cittadini israeliani (almeno quattro i morti) e nuove vittime palestinesi (24 dall’inizio di ottobre: gli ultimi, nel fine settimana, una giovane donna, incinta, e la sua figlioletta, uccise da un raid aereo israeliano su Gaza City, e un ragazzino di 13 anni raggiunto dai proiettili esplosi dai soldati durante scontri a Ramallah, in Cisgiordania. Sono i giorni in cui in Turchia sabato 10 ottobre un attentato al corteo pacifista che ad Ankara chiedeva la fine del conflitto tra le Forze armate turche e i guerriglieri curdi del Pkk ha provocato almeno 97 morti, mentre altre vittime si sono contate nelle manifestazioni organizzate in varie città della Turchia proprio in seguito alla strage di sabato. Sono i giorni in cui in Siria l’intervento militare russo accende nuove polveri e crea frizioni con la Nato e il Pentagono, anche se accompagnato da iniziative diplomatiche (il presidente Vladimir Putin ha incontrato il ministro saudita della Difesa, Mohammad bin Salman Al-Saud, e in precedenza il principe ereditario di Abu Dhabi Mohammed Bin Zayed al-Nahyan, vice comandante delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti). Ma sono anche i giorni in cui il Comitato di Oslo assegna il Nobel per la Pace al “Quartetto per il dialogo”, il gruppo di associazioni che ha dato un contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralista in Tunisia dopo la “Rivoluzione dei Gelsomini”, e arriva l’annuncio di un accordo per un governo di unità nazionale in Libia.

Ai microfoni di Radio Trentino inBlu, Mira Awad – che nel suo soggiorno trentino ha anche incontrato gli studenti prima a Trento e poi a Rovereto, dialogando musicalmente alla Campana dei Caduti con il coro “The Swingirls” della Scuola musicale Jan Novak – parla della necessità del dialogo e della speranza, rilancia il suo impegno di attivista per la pace, racconta della sua vita vissuta come un acrobata (è anche il titolo del suo primo brano da solista, scritto e composto da lei; un brano autobiografico), la sua realtà di donna palestinese nata in un villaggio dove è forte il peso della tradizione e dove si è discriminate per il solo fatto di essere donne, catapultata poi in una realtà dove si è discriminati per la propria nazionalità. E si continua a camminare sul filo, cercando di resistere ai venti che soffiano da tutte le direzioni. Cercando di non cadere.

Mira Awad, lei si definisce di nazionalità palestinese e di cittadinanza israeliana. C’è chi la apprezza per il suo impegno politico, chi invece trova in questo motivo di disprezzo.

“Ci saranno sempre persone che non apprezzano quello che dico a causa di quello che sono, della mia identità. Ma io guardo alle persone che mi accettano e che sono disposte ad ascoltare un diverso punto di vista, anche se a volte non sono d'accordo con me. Sono queste le persone con cui mi ritrovo. Ritengo che sia questo il messaggio più importante: noi possiamo essere diversi, possiamo accettare di essere diversi, ma ciò non significa uccidersi l'un l'altro. C'è una grande differenza tra litigare, essere in disaccordo ed essere nemici fino al punto di ammazzarci a vicenda. Possiamo essere differenti, ma insieme”.

Al Festival europeo della canzone, nel 2009, con la cantante Noa, anche lei israeliana, avete portato la canzone “Ci dev’essere un’altra via”. Quale via le sembra praticabile per risolvere il conflitto israeliano-palestinese?

“Mi piacerebbe saper indicare in maniera precisa quale potrebbe quest'altra via. Non sono un'esperta di politica, non sono il Primo ministro, ma se lo fossi mi consulterei con molte, moltissime persone per poter decidere cosa fare. Questo è il mio consiglio: per favore, ascoltate tantissime persone”.

Qual è la responsabilità dei leader politici del tormentato Medio Oriente?

“I nostri governanti, i nostri leader politici dovrebbero sentirsi responsabili del nostro futuro e non solo dei prossimi cinque minuti. Parlo dei prossimi venti, dei prossimi 50 anni: guardate avanti, abbiate una visione, pensate non solo alle vostre carriere, a oggi o alla prossima settimana, ma a quello che volete costruire per i nostri nipoti”.

Oggi tutta la regione è lacerata dai conflitti, dall’odio, dalla paura.

“Ma vogliamo questo per la nostra terra? O vogliamo che sia un posto vivibile, dove le persone possono costruirsi una casa, andare al lavoro, sentirsi sicure? E' così semplice: da entrambe le parti ci sono esseri umani. E le necessità umane sono semplici. Se parli alle altre persone come esseri umani, e non come assassini, occupanti o terroristi, comprenderai facilmente quali sono i loro bisogni: sicurezza, rispetto, dignità, un posto che possa essere chiamato casa”.

Ci vuole parlare del suo impegno per la pace e la convivenza, esercitato anche sedendo nel consiglio di amministrazione dell’organizzazione non governativa Abraham Fund?

“Lo scopo di Abraham Fund è assicurare il rispetto dei diritti dei cittadini arabi di Israele, avviare progetti di cooperazione, far crescere nella società israeliana la consapevolezza della presenza degli arabi israeliani”.

Ci sono altre realtà che cercano di costruire il dialogo all'interno della comunità israeliana e tra israeliani e palestinesi?

“Sì, ce ne sono molte altre associazioni e fanno un lavoro straordinario. Quando guardate i notiziari vedete soltanto immagini di combattimenti tra israeliani e palestinesi. Ma questa è solo una parte del quadro. La realtà è molto più complessa. C'è tantissima gente che fa cose incredibili per risolvere questo problema. Non esiste solo il bianco e il nero, ci sono anche molte altre sfumature di colore. Dobbiamo anche ricordare tutte le persone che stanno agendo per il bene”.

Attivista, cantante, artista, lei vuole essere voce di chi non ha voce.

“E' quasi poetico: la mia carriera si basa sulla voce, e “voce” significa non solo il canto, ma anche far risuonare i problemi, far sentire la protesta, raccontare la tua storia. Quindi, certo, è importante dare voce a chi non ha voce”.

Oggi moltissima gente nel mondo non ha voce, non solo in Medio Oriente.

“Dobbiamo mettere il microfono molto vicino per poter sentire il loro grido. Dobbiamo continuare ad ascoltarli e non dimenticarci di loro. In ogni momento ci sono persone in difficoltà nel mondo e anche noi ne siamo responsabili”.

(Prima di concludere l’intervista radiofonica, Mira Awad saluta gli ascoltatori di Trentino inBlu accennando l'inizio di “Bahlawan/Acrobata”: “Cammino su una corda tesa, le braccia tese ai lati, come un acrobata, senza una rete di sicurezza. Sono sospesa tra cielo e terra, passo dopo passo, mi tengo in equilibrio, ma a ogni piccolo errore potrei cadere”).

(a cura di)

vitaTrentina

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