Topi e arvicole nei frutteti

L'impiego di prodotti a base di bromadiolone (esche) è consentito fino al 31 dicembre 2015. I nemici naturali potrebbero ridurre il numero dei roditori, ma solo se favoriti dagli stessi frutticoltori

Da un frutticoltore dell’Alta Val di Non apprendiamo che c’è da aspettarsi una stagione invernale caratterizzata da forti danni di topi e arvicole a carico delle radici e della parte basale delle piante di melo. Basta osservare, dice, le mele cadute a terra durante la raccolta. Il mattino dopo presentano già segni di rosure che gli indesiderati ospiti dei frutteti hanno fatto sui frutti raggiunti attraverso le loro gallerie senza uscire allo scoperto.

Un altro frutticoltore che coltiva meli nella Bassa Val di Non, ed è anche cacciatore, esclude invece che la popolazione dei roditori sia in grado numericamente di superare la soglia economica di danno. A contenerne lo sviluppo, sostiene, sono stati i nemici naturali. Volpi e uccelli rapaci, in particolare, che aggrediscono gli astuti e famelici animaletti quando escono all’esterno o anche dopo averli stanati dai cunicoli.

A quale dei due interlocutori dobbiamo dare ragione?

Probabilmente ad entrambi, tenendo conto che hanno frutteti in località diverse e che l’entità dell’infestazione varia nelle diverse zone del Trentino, facendo spesso registrare differenze numeriche notevoli anche all’interno di periodi di tempo piuttosto lunghi.

Per sapere se nei prossimi mesi sono da temere danni consistenti, il frutticoltore può osservare il numero di frutti rosicchiati. Il Centro di consulenza per la fruttiviticoltura dell’Alto Adige dà invece per scontata la necessità dell’intervento. In una circolare datata 28 ottobre 2014, ma che può ritenersi valida anche quest’anno, sotto il titolo “La difesa dai roditori” si legge quanto segue: “Il post-raccolta è un periodo favorevole per la difesa dai roditori. Mettetevi d’accordo con i vostri confinanti, perché la collaborazione soprattutto in questo ambito porta a risultati migliori”. Il testo prosegue fornendo ulteriori dettagli. “Consigliamo il ricorso alle esche pronte Agrirat o Agrorat B che contengono la sostanza attiva Bromadiolone, dose massima 15 chilogrammi ettaro. Queste dovrebbero essere distribuite immediatamente dopo la raccolta e prima che il terreno geli”.

Nel testo del disciplinare per la produzione frutticola integrata da applicare al melo nella stagione 2015 elaborato da APOT e approvato dal Servizio agricoltura della Provincia Autonoma di Trento, sotto la voce “Ratticidi” si riporta il seguente testo. “E’ consentito l’impiego di prodotti regolarmente registrati per l’impiego in agricoltura, quali il bromadiolone. Si raccomanda di disporre le esche in modo che siano inaccessibili ai bambini ed a specie diverse dal bersaglio, quali animali domestici o uccelli selvatici. Tabellare le aree protette esponendo cartelli indicanti ‘Attenzione, derattizzazione in corso’”.

Gli estensori dei due messaggi citati non potevano tenere conto del Decreto ministeriale che sei mesi fa ha vietato la vendita di entrambi i prodotti e che un successivo provvedimento ha escluso anche la possibilità di impiego, fatta eccezione per chi detiene in azienda prodotto già acquistato, che può essere utilizzato solo entro il 31 dicembre 2015.

La circolare del Centro di consulenza e il disciplinare di produzione integrata hanno in comune il riferimento differenziato a topi campagnoli e arvicole, nonché tre indicazioni di intervento manuale e/o agronomico: raccogliere la frutta caduta a terra; pacciamare le corsie di transito; eliminare la flora spontanea dal sottofilare.

Di topi e arvicole parla anche nei suoi libri scientifici e/o divulgativi il naturalista Sergio Abram. Nel piccolo volume “Animali nei campi” Abram tiene distinti i topi selvatici dalle arvicole. A differenza dei topi selvatici, le arvicole hanno un musetto corto e tozzo, orecchie appena visibili e coda breve. In altri libri di carattere scientifico Abram elenca le specie presenti nelle aree frutticole del Trentino Alto Adige: arvicola agreste, arvicola campestre, arvicola di Fatio, arvicola rossastra, arvicola sotterranea, arvicola terrestre.

Nella circolare degli altoatesini e nel manuale di difesa fitosanitaria del frutteto si citano solo due specie: topo di campagna (microtus arvalis) e arvicole (arvicola terrestris).

La specie più diffusa è la prima. Della seconda la circolare fa presente un comportamento anomalo rispetto alla prima. Essa infatti odia l’aria e quando il foro della galleria viene disturbato l’arvicola lo richiude prontamente. Per questo l’esca non viene assunta e si devono adottare altri sistemi di lotta.

L’elenco dei nemici (antagonisti) naturali citati da Sergio Abram comprende mammiferi, uccelli e rettili. Per favorire la loro presenza e attività predatoria, servono: nidi artificiali, grucce per la posta, mucchi di pietre, piccole cataste di legno, siepi, macchie di incolto.

Una curiosità per concludere: nell’autunno del 1897 da parte della Stazione sperimentale annessa all’Istituto agrario di S. Michele si iniziarono le esperienze col bacillo del tifo sorcino per combattere le arvicole e i topi nelle campagne. Dati i buoni risultati ottenuti, nella sola annata 1898 furono distribuiti alle Consorterie agrarie e ai Comuni 5 mila tubetti con le colture del bacillo.

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