Profughi, ieri e oggi…

Tra i 12 e i 14 milioni di uomini, donne, bambini, anziani, popolazioni sui confini dei fronti della Prima guerra mondiale, italiani d’Austria ma anche francesi, serbi, rumeni, lituani, polacchi e altre nazionalità furono costretti a lasciare le proprie case a causa dei bombardamenti, dell’arrivo degli eserciti nemici, sottoposti a piani di evacuazione o, autonomamente, in fuga. Hanno lasciato migliaia e migliaia di foto, lettere, diari, segni materiali.

Come, oggi, le foto, le suppellettili, le lettere, i pezzi di una vita che riemergono dalle acque del Mediterraneo, lascito tragico della fuga da altre guerre in un mondo ormai globalizzato dove i confini non sono più quelli della vecchia Europa ma planetari. O i fermo immagine degli ammassi umani che sbattono, sulla rotta dei Balcani, contro il filo spinato ungherese. Negli ultimi due anni, 320 mila profughi sono arrivati in Italia. Nel 2014 sono stati 629 mila in tutta Europa con un aumento del 44% rispetto al 2013. Quest’anno, finora, si è toccato quota 580 mila.

Le situazioni di ieri e quella attuale sono state messe ma confronto al Mart di Rovereto nel corso di un convegno internazionale, nonostante tante siano le diversità, dal contesto alle ragioni geo-strategiche, dallo status giuridico dei profughi al governo del fenomeno. Però le immagini, i segni materiali, indicano, in maniera tangibile, un secolo fa come oggi, il dramma dell’esilio, lo spaesamento dello sradicamento.

Durante la tre giorni (“Profughi/rifugiati. Spostamenti di popolazioni nell’Europa della Prima guerra mondiale. Alle radici di un problema contemporaneo”) organizzata da Università di Trento, Museo della guerra, Accademia degli agiati, Fondazione Bruno Kessler, Museo storico del Trentino e Laboratorio di storia di Rovereto con il contributo della Provincia, relazioni scientifiche e approfondimenti hanno arricchito una ricerca che però ha ancora molto da dire. “Perché – ha sottolineato il britannico Peter Gatrell – c’è ancora un vuoto accademico e la mancanza di studi esaurienti. Il fenomeno è ignorato dagli storici (non in Trentino) e dalla politica. Così come la situazione odierna è contrassegnata dalla paralisi per responsabilità della politica”.

“Oggi – ha aggiunto monsignor Gian Carlo Perego della Fondazione Migrantes – gli Stati non sono organizzati per affrontare ciò che sta accadendo”. “La riflessione sul passato in rapporto al presente – ha sintetizzato Camillo Zadra, direttore del Museo della guerra – è una sfida per la società contemporanea. I nuovi profughi già raccontano le loro storie. Interpretare la narrazione dell’altro, ieri come oggi, è decisivo per capire il nostro presente”.

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