Alla “Bonomelli” di Trento il via simbolico all'Anno della misericordia. Funziona il nuovo coordinamento per dare un letto nelle strutture di accoglienza
Da San Lorenzo, il ponte sulla città già addormentata, arrivano ogni sera alla spicciolata. Sulle spalle, lo zainetto di chi ha perso il calore di una famiglia. Sul viso, la consolazione di trovare un letto e una stanza riscaldata: alla “Bonomelli” non si resta fuori dalla porta.
“L'accoglienza dev'essere soprattutto relazione, apertura verso l'altro che cambia il nostro cuore” ha detto Christian Gatti, direttore della Fondazione Comunità Solidale (anche a nome gli operatori, del presidente Antonio Pacher e del direttore della Caritas Roberto Calzà), che ha potuto sottolineare una novità maturata quest'anno nella rete di realtà che fra Trento e Rovereto danno un riparo per la notte a circa 200 persone.
OLTRE GLI ORTICELLI
“Abbiamo portato avanti in modo silenzioso un lavoro comune che finalmente ha superato i nostri orticelli d'impegno – ha detto Gatti – per un servizio più dignitoso a chi si trova in difficoltà per la notte”. Il nuovo sistema prevede che già nel pomeriggio presso l'unico sportello accoglienza della Caritas di via Endrici vengano di giorno in giorno assegnati i posti letto (fra quanti ne fanno richiesta) per tutte le strutture collegate: “Bonomelli”, Casa Papa Francesco, casa del “Punto d'Incontro”, Punto d'Approdo, Villa Sant'Ignazio, Casa della Giovane, Casa Maurizio.
“Questa nuova modalità, ancora da perfezionare, è apprezzata anche dagli ospiti che non si trovano più a dover fare la fila la freddo”, conferma Mauro Pizzini, responsabile della nuova “Bonomelli”. “In queste sale al primo piano cerchiamo di favorire il dialogo con i nostri operatori, per avviare qualche percorso personalizzato: qui ci sono 59 ospiti con 59 storie diverse”.
DALL'800 A OGGI
Qualche relazione positiva, in grado di strappare alla strada o dalle dipendenze, ha dato frutti confortanti come la testimonianza offerta durante il breve incontro di domenica scorsa (vedi riquadro). E pensare che il centro d'accoglienza della struttura intitolata al vescovo di Cremona Geremia Bonomelli che alla fine dell'Ottocento ebbe l'intuizione di dare rifugio agli emigrati che tornavano in Italia. Anche se a Trento un asilo notturno “delle ciode” per immigrate italiane era funzionante già prima del 15-18, la cosiddetta Opera Bonomelli svolse nel dopoguerra un ruolo decisivo per l'accoglienza degli emigrati di ritorno, non solo in città. Sciolta nel 1928, passò poi al Comune di Trento, nel 1951 alla POA, all'ECA fino al 1978 e poi alla Charitas tridentina. Nel libro rievocativo sulla Bonomelli (“Fatti non parole”) lo storico della cooperazione Luciano Imperadori anticipava nel 1997 l'appello su Vita Trentina dell'allora responsabile don Valerio Piffer ad “aprire gli occhi per riconoscere il cammino di crescita di persone deboli e indifese, che riescono comunque a percorrere segmenti importanti di autonomia e dignità”. Un'attenzione proseguita avanti dalla Caritas e dalla Fondazione Comunità Solicale, ma richiesta a tutta la comunità diocesana, ben oltre l'Anno della misericordia.
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