Le novità di Dio

La risurrezione è la novità di Dio che fa scaturire l’acqua nel deserto

Sono passati pochi giorni dalla tragica scomparsa di Michele Niccolini, carissimo amico e conosciutissimo collaboratore di molti uffici diocesani. Michele è morto in montagna, colpito da una valanga sul ghiacciaio del Cevedale. È morto all’inizio di maggio, il mese in cui la primavera trabocca di fiori, colori, odori, vita, speranza. Il ghiacciaio, come il deserto, può essere preso invece come simbolo dell’assenza di vita: è il luogo del perpetuarsi di un inverno che sembra non finire mai. Eppure immagino che anche su quel ghiacciaio in cui ha trovato la morte il nostro caro amico possano un giorno sbocciare i fiori della gioia.

In fondo soltanto Dio può portare questa novità. Ora dobbiamo essere fiduciosi nella speranza. Leggendo la Bibbia, guardando alla vicenda di Cristo, conoscendo la storia della Chiesa e, magari, riflettendo sul nostro passato, possiamo scoprire le tracce dell’intervento di Dio, di quella energia positiva e vivificante, apportatrice di liete novità, di luce quando intorno si intravedevano soltanto tenebre.

“Ecco faccio una cosa nuova”, molte volte troviamo queste parole nella Bibbia. Dio, creatore del mondo, crea ogni cosa, continuamente, rinnova con il suo Spirito la faccia della terra. La novità più grande, una sorta di ri-creazione, si concretizza nella risurrezione di Gesù, l’evento capace di sovvertire l’ordine dell’universo, ma pure di venire incontro al più profondo anelito dell’universo stesso, cioè quello di evolversi in pienezza in direzione della vita.

Come ha detto il Vicario mons. Tisi all’omelia per le esequie di Michele, la risurrezione è la risposta inaudita alla definitività della morte. Va detto però che, soprattutto nei secoli scorsi, la dottrina cattolica e le credenze dei fedeli hanno finito per mettere in secondo piano questa verità essenziale della fede. Si è persa la dimensione “materiale” del dogma, privilegiando immaginari spiritualisti fino a giungere a prospettive veramente estranee al messaggio evangelico.

È difficile parlare di risurrezione. Credo che, per trovare qualche termine adeguato, occorra pensare che la risurrezione sia il contrario della morte. Se la morte determina il disfacimento del corpo che ritorna polvere, così la risurrezione genererà la rigenerazione di quel corpo, secondo la grande visione che già aveva intuito il profeta Ezechiele. Se la fine dell’esistenza terrena porta a un doloroso distacco da ogni “usata, amante compagnia”, cioè dai quotidiani affetti più cari, la risurrezione non può non ristabilire proprio quegli affetti che nascono dalla concreta vicinanza e non da vuoti sentimentalismi. Il primato della vita implica la vittoria del bene, delle relazioni positive, della realtà di un mondo pacificato, di una natura che non è più permeata dal dolore e dalla violenza.

Questa – e non ce n’è un’altra – è la grande prospettiva cristiana. La novità di Dio che fa scaturire l’acqua nel deserto. Tuttavia c’è una novità che possiamo sperimentare già da ora, in ogni momento e che, in piccolo, può farci intendere che cosa sia la salvezza finale. È la novità della riconciliazione, del perdono e della misericordia. Quando diciamo che Cristo ha “riconciliato” Dio con il mondo significa anche che tutti gli attributi di Dio si sono fatti, se così si può dire, “a portata di mano”: possiamo anche noi essere giusti, misericordiosi, capaci di donarci agli altri, miti e pacifici. La gratuità del perdono si collega così alla creazione dal nulla, perché con la riconciliazione si può ricominciare da capo, all’insegna di rapporti rinnovati e purificati. Anche questa è risurrezione.

Papa Francesco ci suggerisce, indicendo il Giubileo della misericordia, che è proprio questa la lieta notizia del Vangelo, troppo spesso dimenticata. La novità del messaggio cristiano sta nella gratuità, un aspetto che non trova dimora in una mentalità segnata dalla valutazione economica di ogni cosa e di ogni persona. La gratuità diventa allora un anticipo del Regno, un’altra novità di Dio.

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