Un mondo con la febbre a 40

La 49a Giornata Mondiale della Pace invita a non essere indifferenti e a operare in prima persona per la giustizia sociale

Trento, 1 gennaio 2016 – “E’ davvero un mondo con la febbre a 40 quello che registra in un solo anno 50 milioni di profughi, sfollati o comunque persone costrette ad abbandonare le loro case a causa delle guerre o della fame”. Le parole di suor Teresina Caffi, missionaria saveriana nella Repubblica Democratica del Congo, scuotono le coscienze di quanti, aderendo all’invito della Commissione Diocesana Giustizia e Pace, sono raccolti nella chiesa di San Pio X a Trento per celebrare, qui come in tutte le diocesi d’Italia, la 49a Giornata Mondiale della Pace. Il tema proposto da Papa Francesco nel suo messaggio per Capodanno, “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”, assume un significato chiaro: la pace è una conquista faticosa, richiede impegno, si nutre di conoscenza. Perché quello che non conosciamo potrà anche lasciarci indifferenti; ma se facciamo anche un piccolo passo per informarci, per conoscere, difficilmente potremo restare indifferenti. E la testimonianza di suor Caffi, consorella delle tre religiose – Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernadetta Boggian – uccise nel settembre 2014 in Burundi, dove suor Caffi aveva operato tra il 1982 e il 1984, è un pugno allo stomaco.

Vittime innocenti

La religiosa denuncia la scandalosa rapina della Repubblica Democratica del Congo, paese ricchissimo di risorse naturali e di enormi potenzialità, come i milioni di ettari coltivabili, ma dove “la gente vive mangiando radici e quando va bene, qualche volta, pesce”. Un paese scosso, come tanti altri paesi africani, da guerre e violenze, spesso a motivo di confini creati artificiosamente dall’uomo. A farne le spese la popolazione innocente, la cui unica colpa è quella di vivere in villaggi il cui sottosuolo è oggetto del contendere tra milizie avversarie. Suor Caffi ricorda anche i cristiani uccisi a motivo della loro fede in prossimità del Natale: “Il loro martirio non deve scatenare reazioni”, osserva, perché “la guerra non è una risposta al terrorismo”, ma deve “far riflettere e farci capire che siamo di fronte ad una scelta: conservare o rompere quell’indifferenza che ci porta a non vedere i problemi, pensando solo a noi stessi. O peggio ancora a non informarci nemmeno, per evitare di prenderne coscienza e magari esserne coinvolti”.

Un anno difficile

E’ un anno “estremamente difficile” quello che ci lasciamo alle spalle, aveva ricordato nella Messa di fine anno l’arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, per le “terribili guerre” che ancora affliggono intere popolazioni e spingono a mettersi in cammino milioni di esseri umani, per ma pure per la crisi economica che nonostante “qualche segno di ripresa continua a gravare su molte famiglie”, minandone la stabilità. Eppure, nonostante “disgrazie, lutti, omicidi passionali o provocati da atti di terrorismo” che minano la nostra sicurezza, non sono mancati “segni positivi”, che suggeriscono motivi di speranza: la “crescita in diocesi di giovani che si dedicano al volontariato”, il numero “sostanzialmente stabile” dei candidati al presbiterato nel seminario diocesano, eventi – quali il Sinodo mondiale sulla famiglia, il Convegno ecclesiale nazionale a Firenze e, per la Chiesa di Trento, l’Assemblea Sinodale – che parlano di una Chiesa in uscita.

Cambio di prospettiva

Con nel cuore e nella mente l’invito di suor Caffi a provare a guardare il mondo dall’alto, “come un’unica sfera senza confini come lo è il volo degli uccelli o la forza del vento”, dalla chiesa di San Pio X si snoda lungo le vie cittadine fino in cattedrale la fiaccolata per la pace. In Duomo la processione è accolta dal Minicoro di Rovereto, diretto da sempre dal maestro Gianpaolo Daicampi, che si fa apprezzare per l’accompagnamento della veglia di preghiera, presieduta dall’arcivescovo Bressan.

“Dobbiamo combattere l’indifferenza, l’apatia, l’assuefazione, il disimpegno di fronte ai problemi sia locali che mondiali”, afferma Bressan, ricordando le molte sfide che si aprono nel 2016, anno giubilare: “la crescente scristianizzazione anzitutto del mondo europeo”, l’attacco “talvolta violento di frange di altre appartenenze religiose”, il disequilibrio economico mondiale, i rapidi mutamenti culturali e sociali “nelle nostre stesse comunità ecclesiali”.

Combattere apatia e assuefazione

Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale per la pace, ricorda Bressan, il Papa “invita a un impegno per conquistare la collaborazione rispettosa e fraterna, opponendosi alla violenza con un coinvolgimento di ciascuno per costruire ponti; non cedere all’esaltazione dei conflitti, nemmeno di quelli del passato, pur inchinandosi di fronte ai sacrifici compiuti dalle vittime”. E se “ogni guerra è una sconfitta” e “ha senso celebrarne la conclusione”, ciò non sia “per proclamare vittorie, ma la pace. Archi di trionfo alla vittoria o piazze intitolate a vittorie militari dovrebbe cedere il nome per esaltare la pace” (nel 2001 piazza della Vittoria a Bolzano divenne “piazza della Pace”, ma un anno dopo un referendum popolare ripristinò la precedente dizione, ndr). In conclusione, Bressan invita a vegliare contro forme di incitamento all’odio “sia razziale che religioso, sociale che politico”. E richiama a non restare passivi, ma a preoccuparsi per la promozione di un’autentica dignità di tutti: “Ognuno di noi, dice il Papa, ha una responsabilità per collaborare con ogni persona di buona volontà, anche di religioni e correnti politiche diverse, per educare alla pace, per edificarla, per promuovere la giustizia sociale”. E proprio in nome della giustizia sociale, durante la veglia, in ideale continuità con la Giornata della Pace 2015, sono raccolte offerte a sostegno dell’iniziativa “Slavesnomore” (“Non più schiave”) promossa da suor Eugenia Bonetti, intervenuta a Trento un anno fa.

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