Marcialoga, tra sci e folklore la sfilata delle “maschere”. Le sapreste riconoscere?

Un coloratissimo arlecchino sulla pista della Marcialonga. Foto Newspower
C’è un Arlecchino che spunta da dietro la curva, mentre una enorme parruccona anni Ottanta fa bella mostra di se al ristoro. Poco più in là, il gruppo di Watussi con tanto di gonnellino si ferma ancora una volta a bordo pista per un selfie (col rischio di arrivare in ritardo ai cancelli). E come dimenticare la concorrente in abiti da Marcialonga Story che taglia per ultima il traguardo, applaudita come il vincitore? O uno degli ultimi 11 senatori rimasti, impegnato a vincere la sua personale battaglia con la storia, il tempo e l’età?

Tra fatica e sudore, bastoncini e sci stretti, la pista della Marcialonga – generalmente nelle retrovie – diventa passerella per divertenti maschere, come quelle che vi mostriamo in questa colorata pagina. Eppure ci sono anche quelle costruite dalla fatica e dall’agonismo, dal carattere e dalla personale visione della vita (non solo sportiva). E quale periodo migliore, se non il Carnevale, poteva essere l’occasione per giocare un po’ con la penna, sulla più suggestiva delle granfondo?

Chi ha già qualche esperienza alle spalle si sarà sicuramente imbattuto nel bisonte classico: come riconoscerlo? Facile. Testa reclinata in avanti, sbuffante come una vecchia locomotiva che procede sempre sullo stesso binario, rigorosamente quello più a destra.

Lo sguardo è puntato sempre in basso tranne quando il competitivo lo supera prepotentemente sugli unici dieci centimetri di pista in quel momento disponibili, lanciandogli uno sguardo di sfida. “Ma che piano vai?”. Il bisonte alza soltanto gli occhi, magari pensa a una mezza parolaccia, ma poi lascia perdere; sa bene che i competitivi sono troppo veloci per lui e che poi tanto non cambiano mai. Potessero, infatti, gli si infilerebbero anche sotto le gambe pur di trovare un varco. Provano odio profondo e malcelato per chi si toglie gli sci in discesa.

Il più pericoloso della specie è però il competitivo bruto, solitamente nordico, venti chili più pesante e venti centimetri più alto. Sempre con la freccia del sorpasso inserita, cambiando improvvisamente direzione può urtare un simpatico; tagliente e sarcastico, aspettando che quell’armadio con gli sci ai piedi sia lontano almeno una cinquantina di metri (non si sa mai…) gli grida una cosa del tipo “vai vai che becchi i primi!”. Sempre che sia prima del 45° chilometro perché, solitamente, dopo, il simpatico “finisce” la voce: ha infatti chiesto “manca ancora tanto?” ad ogni tifoso incrociato lungo il percorso.

Grosso ma praticamente innocuo è il caterpillar. Eppure, attenzione, è sempre meglio accertarsi di non averne dietro uno prima di affrontare una discesa. Decisamente non fenomenale nello spazzaneve, il caterpillar ha l’effetto di una valanga e sul dislivello ghiacciato si porta a valle qualunque cosa trovi nella sua traiettoria.

Non lo fa volutamente, sia ben chiaro, così come lo sbadato non fa apposta a pestare lo sci sinistro di quello davanti ogni due passi, mentre sulla salita di Vigo di Fassa la carovana procede lentamente a spina di pesce. Dopo la decima volta, anche il più pacato dei marcialonghisti si girerà a chiedere spiegazioni. Lo sbadato, sorriso bonario e sopracciglio alzato, allargherà le braccia sorridendo, colpendo probabilmente con il bastoncino l’atleta a fianco.

E sperate che non sia un iracondo. A lui da fastidio praticamente tutto. Chi gli sta davanti è troppo lento, chi gli sta dietro è troppo veloce. “Ma cosa freni, mollali quegli sci”, “Guarda questo, chi si crede di essere, vedi che non c’è spazio?”, “E tienili bassi quei bastoncini”. Perennemente in tensione, sogna di correre la Marcialonga con il numero uno. Da solo.

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