Un motto che mette in moto

“Il Verbo si fece carne” è la frase indicata per lo stemma episcopale da mons. Lauro Tisi. Ecco il contesto evangelico da cui proviene nel contributo richiesto al biblista Gregorio Vivaldelli

introduzione:

La scelta di mons. Lauro Tisi di inserire nello stemma come motto episcopale la frase “Il Verbo si fece carne (Gv 1, 1-18) sarà da lui stesso motivata e approfondita all'avvio del suo servizio. Vita Trentina ha chiesto intanto di approfondire il contesto biblico da cui proviene quella frase al prof. Gregorio Vivaldelli, docente di Antico Testamento allo Studio Teologico Accademico Tridentino

 

«Il Verbo si fece carne»: è il cuore pulsante del prologo del Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18); l’evangelista afferma l’assoluta centralità del Verbo incarnato, della Sua carne, del Suo essere realmente in mezzo a noi. Il Verbo non si è mascherato da uomo. Gli eventi narrati dagli evangelisti non sono una fiction su Dio Padre, un reality show religioso. Il Vangelo è autentica real life, “vita reale” donata agli uomini di ogni epoca e di ogni cultura. Proviamo a lasciarci mettere in moto dal motto episcopale scelto dal nostro Vescovo eletto, don Lauro.

«Il Verbo si fece carne». Siamo provocati a tornare all’essenziale della vita cristiana, a mettere al centro dei nostri ragionamenti il Vangelo, il “racconto” attraverso il quale Gesù di Nazaret è venuto a rivelare l’inimmaginabile e imprevedibile bontà misericordiosa di Dio Padre. Per vivere e condividere la modernità e l’attualità della misericordia di Dio, il quale “si è fatto bello” diventando carne in Gesù, è urgente aiutarci a evitare «parole vuote» (Ef 5,6) che rischiano di intrappolarci in ragionamenti vani. A tal proposito, nel nono cielo del Paradiso della Divina Commedia, detto anche “Primo Mobile” (anche per Dante, quindi, si tratta di lasciarsi “mettere in moto” da Dio e dalla sua Parola, la cui gloria «tutto move»…), Beatrice rimprovera aspramente i predicatori che trascurano il Vangelo («‘l Vangelio si tace»): «Non disse Cristo al suo primo convento (ai suoi primi Apostoli): ‘Andate, e predicate al mondo ciance’ (non serve parafrasi…); ma diede loro verace fondamento (il Vangelo!)» (Par XXIX,109-111). Dalla bocca dei suoi Apostoli risuonò solo il Vangelo: la narrazione della bellezza di un Dio ricco di misericordia, lento all’ira e grande nell’amore, perché «al Verbo di Dio discender piacque» (Paradiso, VII,29).

«Il Verbo (Logos, in greco) si fece carne». Il “Verbo”, la “Parola” è Gesù. Gesù di Nazaret è il «Logos» di Dio nel senso che è il sogno eterno del Padre che tutti gli uomini si scoprano fratelli in quanto figli dell’unico Dio misericordioso. Nella carne di Gesù il sogno è diventato vita reale, è diventato progetto di vita, vocazione a cui ognuno è chiamato a rispondere. La carne di Gesù è la tenda dove ogni fragilità umana è accolta e protetta, curata e amata. La carne di Gesù è la comunione possibile tra i membri della Chiesa. La carne di Gesù è la possibilità di ogni dialogo tra i popoli.

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). All’uomo ferito dalla vita reale e che si sente debole, il versetto 14 del prologo di Giovanni dona una parola di consolazione e di incoraggiamento: sì, è vero, la Parola eterna si fa carne, ma con tutta la sua debolezza, i suoi bisogni e la sua… morte. Proprio la prova incontrovertibile e innegabile della nostra fragilità umana, la morte, è diventata la gloria del Figlio. Quand’è infatti che «abbiamo contemplato la sua gloria» (del Figlio) se non nella Sua morte in croce? Proprio la morte in croce della carne del Verbo per amore dell’umanità diventa la manifestazione suprema della bellezza del Figlio.

«Il Verbo si fece carne». La carne crocifissa del Verbo è il dirsi e il darsi di Dio a ciascuno di noi. La tenda del Verbo eterno si è lasciata “strappare” sulla Croce per mettere in moto il nostro desiderio di “cucire e ricucire” la tenda lacerata del profugo, della vedova, dell’affamato, dell’assetato, dell’afflitto di cuore, del senza lavoro, del malato, del debole, del fallito, dello sconfitto dalla storia e dalla propria storia, dell’anziano e del bambino sofferenti. Il Verbo che si è fatto carne ci fa diventare “sarti” della misericordia di Dio, così da far risplendere sulle strade degli uomini del nostro tempo la gloria del Figlio. E il sogno di Dio diventa realtà.

Gregorio Vivaldelli

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