“Cattivissima me?”

“Avrei dovuto essere più dura, e avrei voluto essere giudicata dopo cinque anni. Invece, essendo donna…”

“Alla sanità tutto come avevo previsto? Che brutto fare la Cassandra!”

“Ho patito la mancanza di sincerità. Vedo una politica che si ostina a ignorare la verità e ad ingannare le persone”

“La mia fede? Piccola e talvolta esitante”

La libertà che si porta dentro da sempre si amplifica dietro un microfono. Ondeggia con la testa ritmando le sue canzoni preferite. E non va tanto per il sottile appena si torna in onda: “Sa cosa mi rimprovero? Di essere stata poco cattiva”. Donata Borgonovo Re si porta dentro, profonda, la ferita di quella telefonata del Presidente Rossi arrivata poco prima di un matrimonio che lei stava officiando a Palazzo Geremia: “Non è più assessora, le ho tolto le deleghe”, tuonò il Governatore, liquidandola. Era il 25 luglio 2015.

Le va di partire dall’inizio, Donata Borgonovo Re: le manca l’ambiente milanese che segna il suo DNA?

No, il Trentino ha colmato ogni possibile vuoto. Ci torno, perché i miei genitori stanno invecchiando laggiù, ho le mie sorelle. Poi mi piace sempre vedere il Duomo, stupendo, anche se ora si deve pagare per entrare: duro colpo per una milanese!

Il sogno di bambina?

Volevo fare la segretaria. Mio padre avvocato aveva un bello studio in casa e mi aveva dato il compito di tenere in ordine carte e penne. Ero appassionata all'ordine. Poi sono passata anch'io dalla fase missionaria in Africa. Frequentai il classico, mi innamorai dell'archeologia ma arrivata all'Università scelsi Giurisprudenza.

Perché Trento?

Fu una scelta di vita. Incontrai il mio futuro marito in montagna, in Valtellina. Lui è per metà trentino, dunque la scelta fu facilitata, ci trasferimmo dopo il matrimonio e dopo la nascita dei nostri due bambini.

Dellai come arrivò a lei come assessore?

Lo zampino ce lo mise Enrico Bolognani, primo Difensore civico trentino: lo conobbi nel 1986 a Pordenone in un convegno. Legammo molto e quando arrivai a Trento collaborai con lui e con Gregorio Arena.

In seguito con Dellai non tutto filò liscio, anzi.

L'esperienza in Comune fu molto positiva, anche se ricordo momenti di confronto dialettico, ma furono quattro anni di grande apprendimento e anche di buoni risultati. Poi venne quella mia dichiarazione da Difensore civico in Commissione consiliare sul fatto che amministratori e cittadini rilevavano anche in Trentino una sorta di “mafia”… Da sciocca pensavo sarebbe rimasta tra i consiglieri: il giorno dopo aveva invaso i media.

Oggi, a quasi sei mesi di distanza, come rivede quel 25 luglio 2015 in cui Rossi le diede il benservito?

Per mia fortuna e per il bene degli sposi quel giorno riuscii a tenere la testa sgombra. Fu la mia salvezza. Probabilmente Rossi riteneva di avermi dedicato già troppo tempo nei tre incontri precedenti, nei quali si aspettava di giungere alle mie dimissioni.

Dimissioni che le aveva chiesto ufficialmente?

No. E questo fa parte del lato oscuro: la mancanza di chiarezza e di sincerità. Questo l'ho patito tantissimo, forse anche per una mia incapacità a comprendere i codici. Quando non sono chiari i rapporti tra i vertici e a chi devi rispondere, tu rispondi a due padroni. Ma poi scopri che tra i due ce n'è sempre uno più forte.

Lei stessa però ci insegna che politica è l'arte del compromesso. O no?

Sì, sì, ne sono convinta. Ma distinguerei: per un assessore stiamo parlando di un ruolo esecutivo, in cui c'è sì una mediazione, ma una volta chiusa la discussione bisogna decidere.

A lei è stato imputato tuttavia di andare avanti un po' troppo come un caterpillar…

Salvo dirmi poi che non decidevo mai. Sono convinta che avrei dovuto migliorare la comunicazione, ma io ero molto presa anche dall'area del sociale, di cui nessuno parla. A me è sembrato di aver ascoltato tantissimo, anche se non è mai abbastanza.

Ma leggendola col senno di poi, qualche altro errore strategico?

Dovevo essere più cattiva. Se non sei cattiva, non ti considerano autorevole. Ma tutto dipende dall'occhio di chi guarda. Leggevo un trafiletto sull'assessore Daldoss che in una delle sue tappe sul territorio diceva: “Potete dire ciò che volete, ma si fa così”. E gli aggettivi erano positivi: “risoluto”, “deciso”, “ha le idee chiare”. Quando la Donata andava a dire le stesse cose era dipinta come “arrogante”, “dura”, “non ascolta”…

La diversità di giudizio deriva dal fatto che lei è una donna?

Me lo sono chiesta. Se mi avessero lasciato il tempo avrei voluto essere valutata sui cinque anni. Ventuno mesi sono un po' pochino, no, per una new-entry? Se dal punto di vista tecnico stavo lavorando bene, perché non mi hanno aiutato a migliorare il resto?

Il paradosso è che alla fine le cose che lei diceva si stanno puntualmente realizzando, compreso il caso Flor. Rivincita tardiva? graphics1

Ma certo! Che brutto fare la Cassandra! In quei ventuno mesi anche con Flor avevamo fatto un grandissimo lavoro. Nessuna acrimonia con lui, anche se abbiamo avuto un confronto duro, ma sui temi fondamentali c'era intesa. Mi pareva sano, messi a segno una serie di risultati, avere un ricambio, idee ed energie nuove. In quel lavoro avevamo già messo i mattoncini per il futuro, come l'ottimo Piano per la Salute. Certo Flor m’ha stupita. Anche se ho fatto un mio pensiero malizioso.

Cioé?

Di fronte a una politica che si ostina a ignorare la verità e ad ingannare le persone, un tecnico degno di questo nome non ce la fa. Ho avuto la sensazione che si fosse spaccato un rapporto tra chi ha le competenze e il politico che ha la visione, la strategia. E se il politico abbandona la visione in nome del consenso…

A proposito di consenso: cosa dice ai 10.453 che l'hanno votata?

Mi devo scusare perché forse hanno visto fallire un'idea, un pensiero, un sogno. Ma, siccome da alcuni ho ricevuto la rassicurazione che si è capito cosa è andato storto, spero mi perdonino. E' solo per loro se sono rimasta in Consiglio.

Prossima sfida la segreteria del PD?

Domanda di riserva? Partecipo alla riflessione. Vedremo chi potrà portare avanti le idee.

Stato dell’arte della maggioranza: tiene?

Tiene perché tutti tengono alle loro sedie.

Lei si definisce donna di fede?

Non lo so. Una fede piccola e a volte esitante. Oscillo tra momenti di grande sete e altri di grande aridità. Ora siamo più verso l'aridità (qui si commuove, n.d.r.). Spero che la quaresima sia un tempo fruttuoso. In estate abbiamo ripreso i viaggi a Taizé ed è stato un tempo di grande nutrimento. Mi ha aiuto a superare lo sconforto che sarebbe arrivato dopo.

E’ noto che uno dei suoi figli ha fatto una scelta di radicalità evangelica: da mamma mai avuto dubbi?

Sono una mamma totalmente prona davanti ai figli che si costruiscono la vita. Lo vedo contento e lo sono anch'io, se la scelta è maturata con saggezza e convinzione. Poi dico: ne saprà più Lui di me (e punta il dito verso l'alto, n.d.r.).

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