Ascoltare, prima che curare

Il paziente deve essere sempre al centro di ogni percorso di cura. L'alleanza terapeutica e la relazione fra chi cura e chi viene curato resta fondamentale e tutti i medici dovrebbero sempre trovare il tempo per entrare in dialogo con i loro pazienti, per ascoltarne i pensieri e le domande. Senza mai dimenticare che chi soffre non si identifica con una patologia da guarire con il solo aiuto di sofisticati farmaci, di macchinari tecnologici e con la burocrazia dei protocolli sanitari. Invece il paziente continua a essere una persona irripetibile e unica.

Erano queste le idee di fondo, sintetizzate dal giornalista e scrittore Piergiorgio Cattani, relatore all'incontro di apertura del ciclo di conferenze “Etica della cura”, organizzato a Trento venerdì 26 febbraio, presso il Grand Hotel Trento, dalla Consulta Provinciale per la Salute. Il pomeriggio ha dato l'occasione per una nuova presentazione del suo ultimo libro ”Guarigione. Un disabile in codice rosso” pubblicato da Il Margine.

Di Cattani colpisce la tenacia e la voglia di vivere. Perché, nonostante la distrofia muscolare di Duchenne, una grave malattia degenerativa rara, che oggi lo obbliga a vivere attaccato a un respiratore per ventidue ore al giorno, si impegna in svariate attività. Dirige la testata online unimondo.org, ha già pubblicato svariati libri, collabora con diversi quotidiani, periodici e riviste (per Vita Trentina cura la rubrica “In Dialogo con Pier”), coordina la comunicazione del Centro Studi Martino Martini per i rapporti Italia-Cina dell'Università di Trento ed è consigliere di amministrazione del Muse.

“Atleta del pensiero”, “agonista-lottatore”, lo ha definito Paolo Ghezzi, direttore editoriale de Il Margine, intervenuto all'incontro con Annamaria Marchionne, presidentessa della Consulta Provinciale per la Salute. Perché Piergiorgio è un “disabile patentato da sempre”, come si definisce lui stesso nel libro e, secondo le iniziali previsioni dei medici, avrebbe dovuto vivere solo fino a venticinque anni. Oggi però che di anni ne ha quaranta, lotta ancora per portare avanti le sue idee con il sostegno indispensabile della famiglia e di una profonda fede in Dio. Con i momenti difficili del ricovero in ospedale racconta anche di aver sperimentato come possa esserci, accanto alla guarigione fisica, una “guarigione dell'anima”, la quale grazie a un percorso mentale e spirituale lo ha portato ad accettare i limiti e a vedere la disabilità non come malattia, ma come condizione particolare della persona.

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