Il cibo fa la differenza

“Le vie del sacro” indaga il tema, al centro, l’anno scorso dell’EXPO di Milano e quest’anno di nuovo attuale per il Giubileo della misericordia

Bolzano – “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” è il titolo dell’incontro che si terrà giovedì 17 marzo, alle 20.30, nel Teatro Cristallo di Bolzano, nell’ambito del percorso “Le vie del sacro”. Il tema è quello del cibo, al centro, l’anno scorso dell’Expo di Milano e quest’anno di nuovo attuale per il Giubileo della misericordia: “avevo fame…”. A dibattere sull’argomento due relatori d’eccezione, da sempre in prima linea nel combattere le disparità: il cardinale Francesco Montenegro, Presidente della Caritas Italiana e arcivescovo di Agrigento (e di Lampedusa), e il direttore della Caritas Ambrosiana (di Milano) don Roberto Davanzo, cui abbiamo posto alcune domande.

Don Roberto, in quale forma la Caritas ha partecipato all’evento di Expo 2015?

Abbiamo la presunzione di essere stati tra i pochi a declinare il tema di Expo – “Nutrire il pianeta, energia per la vita” – dalla parte dei poveri, dalla parte cioè di chi non è nutrito adeguatamente, malgrado il pianeta sia in condizione di sfamare i suoi abitanti e malgrado eccedenze e sprechi vergognosi. Attraverso la nostra “edicola” e la significativa serie di eventi e convegni promossi nei sei mesi di Expo abbiamo tentato di dire che la ricchezza c’è, ma va adeguatamente ridistribuita.

Perché il tema dell’alimentazione è interessante per la Chiesa?

Certamente perché cibo fa rima con uomo e perché non c’è uomo senza cibo. Perché, malgrado la terra sia in condizione di produrre cibo di qualità e a sufficienza per gli attuali circa 7 miliardi di esseri umani e per molti di più, l’attuale produzione di cibo non solo non è ugualmente garantita, ma addirittura è gestita in modo da generare eccedenze e scarti scandalosi che solo in minima parte si riesce a riciclare a favore delle categorie più deboli. Inoltre, basterebbe ricordare che il tema del cibo accompagna la rivelazione biblica dal suo sorgere e gran parte della simbologia legata al mistero di Gesù ruota attorno al cibo.

Dal suo osservatorio, come sta cambiando l’impegno dei volontari nella società italiana?

Le statistiche parlano di un aumento di quanti dedicano del tempo in modo gratuito agli altri e questo non può che confortarci. Contemporaneamente non possiamo dimenticare che una autentica esperienza di volontariato deve cambiare qualcosa nel modo di guardare al mondo e ai suoi problemi in chi lo vive. Inoltre, vorrei denunciare la tentazione permanente del mondo delle pubbliche amministrazioni di considerare il volontariato quasi un atto dovuto che finisce per deresponsabilizzarle rispetto alla necessità di garantire livelli minimi di assistenza ad ogni cittadino.

Qual è, in questa fase di sviluppo della Chiesa e della società, il ruolo delle Caritas parrocchiali?

Decisivo. Ce ne faremmo poco di una Caritas Diocesana ben organizzata e ricca di risorse se essa stessa non riuscisse a promuovere là dove la gente abita – nelle parrocchie – una rete di volontari e di antenne capaci di captare i bisogni e di sperimentare delle risposte. Ritengo dunque decisivo per una Caritas Diocesana l’impegno di formazione e di animazione delle Caritas presenti capillarmente nelle comunità cristiane affinché a loro volta pongano il senso della loro esistenza in una prospettiva non solo di risoluzione dei problemi, ma di crescita della sensibilità di tutta la cittadinanza rispetto ai problemi degli ultimi e degli esclusi.

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