Un welfare che ri-genera

Ricevere ma anche restituire secondo il proprio potenziale, assumendo un ruolo attivo al servizio della comunità. Una “nuova carità” per un welfare che sia davvero “generativo”

Ricevere aiuto assumendo al contempo un ruolo attivo a favore della comunità. Mettere a disposizione degli altri le proprie capacità in un percorso di restituzione. Una sfida da vincere per concretizzare un nuovo concetto di welfare: il “welfare generativo”. Se n'è parlato sabato 5 marzo al Convegno annuale della Caritas diocesana. L'appuntamento, intitolato “A ciascuno secondo la sua capacità”, si è svolto presso la Sala della Filarmonica a Trento. All'evento hanno partecipato diverse decine di persone da tutto il Trentino fra i circa trecento collaboratori e volontari Caritas attivi sul territorio provinciale (circa cinquecento considerando anche Fondazione Comunità Solidale).

La giornata è stata aperta dal saluto e dalla preghiera presieduta dall’Arcivescovo Luigi Bressan. La Caritas – ha detto monsignor Bressan – rappresenta una delle più belle pagine della carità vissuta nell'ambito della Chiesa. Il Convegno si svolge nell'anno del Giubileo della Misericordia e in Quaresima e assume quindi particolare significato. Il nostro impegno – ha aggiunto fra l'altro Bressan – è quello di migliorare dentro di noi e nella nostra azione di animazione; questo incontro rappresenta la partenza di un rinnovato impegno.

Il tema centrale del convegno – il welfare generativo – è stato introdotto da Alberto Conci, docente presso il Liceo “L. Da Vinci” di Trento, con una riflessione sulla parabola dei talenti, nella quale viene punito il servo che non fa fruttare il soldo che gli è stato affidato. Ad una prima lettura – è stato detto – si potrebbe cogliere un messaggio di incomprensibile severità. Dobbiamo invece capire il messaggio di speranza dalla parabola. Noi possiamo portare a frutto ciò che abbiamo guardando al nostro potenziale come ad un valore della collettività. La parabola ci dice che la speranza evangelica è una virtù attiva e generativa, in proporzione e in relazione alle nostre possibilità e capacità individuali.

Il direttore della Caritas diocesana, Roberto Calzà, ha parlato di una “nuova carità” attraverso sostanzialmente tre elementi che contribuiscono, fra l'altro, a realizzare il welfare generativo. Il primo è passare dalla beneficenza all’opportunità. Si tratta di ricomprendere l’esistenza di una persona e aiutarla a cercare/trovare occasioni per costruire o ricostruire la propria vita. Un altro importante fattore è la cura della relazione personale, passando da servizi con grandi numeri (come le mense o i dormitori per decine di persone) a situazioni più contenute che favoriscono la relazione, la vicinanza. Infine l’accompagnamento: possiamo declinarlo in tanti modi – ha detto il direttore della Caritas diocesana – ma deve essere la caratteristica fondamentale del nostro camminare con i più deboli.

Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan di Padova, ha descritto principi e modalità del welfare generativo, delineando il concetto di restituzione di chi non si limita a ricevere ma vuole mettersi, per quanto gli è possibile, al servizio degli altri. Una restituzione che non può tuttavia essere imposta e che deve nascere, invece, da una scelta personale. Parlare di “diritti sociali” – ha detto Vecchiato – significa parlare di diritti a corrispettivo sociale. Quello che ricevo è per aiutarmi e per mettermi in condizione di aiutare. Sono diritti “condizionati” non solo dai limiti delle risorse a disposizione ma anche dalla mia capacità di rigenerare risorse “a vantaggio di tutti”. È condizione necessaria – ha aggiunto Tiziano Vecchiato – perché ogni persona possa rivendicare il diritto alla libertà dalla dipendenza assistenziale, evitando l’aiuto che non riconosce dignità e capacità. Un aiuto, quest'ultimo, che mortifica le persone mentre dichiara di attivarle, non le incontra se non per l’accertamento dei mezzi, senza condividere responsabilità sugli esiti. Il welfare è per sua natura solidale; non va ridotto a “misura individuale”. La solidarietà – ha proseguito Vecchiato – non riguarda soltanto il volontariato e l’associazionismo di impegno sociale. La prima fonte di sussidiarietà, la sua radice più profonda, è la persona stessa, anche se in condizione di bisogno. È valore nativo e generativo per sé e per gli altri.

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