No alcol, diciamolo insieme

Roberto Cuni: “Occorre favorire contesti nei quali giovani e adulti si confrontano. E’ importante parlare ai giovani, coinvolgerli proponendo loro alternative alla cultura dello sballo”

Consumare alcol settimanalmente è un’abitudine per un 15enne ogni quattro: ce lo ricorda la recente indagine sui comportamenti legati alla salute dei ragazzi in età scolare (vedi VT n. 13/2016). I giovani sono maggiormente esposti agli effetti negativi dell’alcol per la loro inesperienza, la minore tolleranza e il maggiore rischio di sviluppo di dipendenza. E proprio ai giovani guardano gli interventi di informazione e sensibilizzazione promossi nel mese di aprile, tradizionalmente dedicato alla prevenzione alcologica, dai Distretti Sanitari della Provincia di Trento in collaborazione con le associazioni dei Club Alcologici Territoriali, di Alcolisti Anonimi ed Al Anon.

“Sì, è importante parlare ai giovani, perché quello che osserviamo conferma i dati dell’indagine sui comportamenti legati alla salute degli adolescenti trentini, che risalgono al 2014”, conferma Roberto Cuni del Centro studi sui problemi alcolcorrelati dell’Apcat, l’Associazione provinciale dei Club alcologici territoriali del Trentino. “Per i giovani l’alcol non solo è legato a una cultura dello sballo, ma è visto anche come elemento che facilita la socializzazione. E osserviamo che negli ultimi dieci anni si è abbassata l’età alla quale ci si accosta al bere (il primo assaggio è a 12-13 anni) e l’età del consumo (14-15 anni). Con l’aggravante che non è una nicchia e che le ragazze bevono ormai come i ragazzi”. Tanto che oggi non stupiscono più gli operatori del pronto soccorso i ricoveri per alcolemie di moltissime donne. “La realtà è che i ragazzi hanno grande facilità a consumare alcolici perché la cultura di riferimento dà questo messaggio: viviamo in una cultura che sostiene il bere. Ma chiedere ai ragazzi di non fare una cosa che fanno gli adulti, vuol dire uscire dalla realtà. Dobbiamo operare per cambiare la cultura di riferimento. Ci vuol tempo e ci vuole pazienza”. La strada lungo la quale incamminarsi è quella di uno stile di vita libero dall’alcol, evitando però di focalizzare l’attenzione sulla sostanza, l’alcol, uscendo dai limiti del proibire (“Non bere”) o del permettere (“Sarebbe come proporre a un figlio di cominciare a fumare, oppure di fumare un po’ di ‘erba’ o di sniffare coca purché poca: quanti genitori lo farebbero?”, si chiede, retoricamente, Cuni), per adottare invece una prospettiva positiva di promozione della sobrietà, sia nei confronti dell’alcol sia della vita in generale. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) batte ancora sullo slogan ‘Meno è meglio’, per suggerire la necessità di una riduzione del consumo di alcol. Ma perché non immaginare che un genitore possa promuovere la sobrietà come obiettivo primario e lasciare poi che la scelta dei propri figli sia libera, ma almeno consapevole dei rischi?”, osserva Cuni. Interpretare uno stile di vita libero dall’alcol? E’ possibile? “Farlo assieme, ragazzi e adulti, genitori e figli, sì, è possibile”, incoraggia Cuni. “I due mondi sono ancora molto separati nell’affrontare questi temi”. Eppure quando Apcat ha aperto i propri corsi agli adolescenti ci si è accorti che la comunicazione è favorita. “Occorre favorire contesti nei quali giovani e adulti si confrontano sui loro problemi. Quando lo facciamo, ci accorgiamo che emergono le contraddizioni, che i ragazzi si sentono meno giudicati, e i risultati sono positivi”.

E' evidente il cambio di prospettiva: si tratta di investire in star bene, in sicurezza, in consapevolezza e in libertà nella gestione delle sostanze e del rischio. Si può scegliere di non consumare alcolici come scelta di vita, di non offrire alcolici preferendo altre bibite, di provare a non bere per un periodo di tempo significativo (ad esempio sei settimane), discutendo poi le motivazioni e i risultati con i figli. “Noi invitiamo le amministrazioni comunali, quando sono coinvolte nell'organizzazione di feste, ad avere attenzione alla presenza di alcol. Ad esempio, se ci sono minori l'alcol va bandito”. In proposito, Cuni riconosce che molte amministrazioni hanno fatto grandi passi avanti, sono attente e sensibili. “Altrimenti, ci si attenga al principio ‘Meno è meglio”, adeguando la politica dei prezzi: più alti per gli alcolici e più bassi per le bibite analcoliche. Senza scordare che in alcuni contesti e per alcune categorie vale solo ‘Zero è meglio’: adolescente, chi guida, chi lavora, chi ha avuto problemi di salute o di dipendenza, chi prende farmaci, le donne incinte e quelle che allattano. In ogni caso, l’OMS afferma che il bere è un comportamento a rischio: ognuno valuti liberamente, senza proibizionismi, questo concetto”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina