“Chi incontra Dio scopre che la vita è bella”

La quasi millenaria Pieve dedicata ai Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, chiesa madre di Fassa e chiesa giubilare, ha vissuto pochi giorni fa un evento particolare, reso ancora più speciale dalla presenza del neo arcivescovo Lauro Tisi: la veglia di preghiera, per la 53ma Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, dello scorso venerdì 15 aprile.

La comunità ha riservato a don Lauro, come tutti ancora lo chiamano, una calorosa accoglienza. Erano in centinaia ad aspettarlo nella pieve, accorsi da tutti gli angoli della valle di Fassa, tanto che non tutti sono potuti entrare in chiesa. L’abbraccio al vescovo è stato in primis quello dei sacerdoti, del diacono, della “pattuglia” di ministranti e dei sessanta giovani coristi e chitarristi. L'affluenza, la solennità, e la consonanza di cuori che hanno caratterizzato la giornata, hanno evocato l’antico ruolo della Pieve quale centro dove si è forgiata la fede dei fassani ma anche, assieme al santuario di Santa Giuliana, polo di aggregazione civile e sociale dell’intera valle. Ruolo che pare rivivere, complice anche la caduta delle vocazioni sacerdotali. Sempre che il maglio della secolarizzazione non lo ricacci indietro.

È appunto su questo impoverimento vocazionale che don Andrea (pastore di cinque parrocchie), peraltro raggiante per il privilegio della visita a ridosso della ordinazione episcopale, si è interrogato con “paura”. La folta assemblea guidata dal nuovo vescovo ha meditato e pregato a lungo per le vocazioni: una preghiera sentita, fatta anche di canti e silenzi, che ha unito presbiteri e laici nella ricerca di fiducia e incoraggiamento sui temi vocazionali ma anche sulle altre sfide del nostro tempo, che sembrano schiacciarci.

L'arcivescovo Tisi nell’omelia, punteggiata dal suo interloquire pregnante di simpatia e misericordia, ha incoraggiato a cercare l'incontro con Gesù: “È l’uomo del grembiule, che prepara la pace, che perdona: chi incontra questo Dio scopre che la vita è bella”. In molti hanno ravvisato lo stile di Papa Francesco: come un dialogo da amico ad amici, che riesce a far vibrare i cuori e forse anche le pietre millenarie della Pieve. In apertura un generoso riconoscimento che è stato al tempo stesso stimolo a non perdere di vista la nostra storia: “Sono lieto di muovere i primi passi del mio mandato con voi fassani, una terra dove la fede è ancora viva, dove le sirene del secolarismo non hanno dissecato le radici cristiane, dove la pratica religiosa è doppia, anche tripla rispetto ad altre zone del Trentino”. Poi il grande tema delle vocazioni, di tutte le vocazioni – ha sottolineato – non solo quelle sacerdotali e religiose, ma anche quelle che Dio ha pensato per ognuno di noi, per ogni famiglia, per la società: “Siano sempre attraversate dalla gratuità, dal perdono, dal 'grazie' giornaliero e vicendevole che fanno grandi l’uomo e la donna. Parliamone con i figli, presentiamo loro la bellezza della vocazione sacerdotale”. Non basta pregare, occorre lavorare a fondo per ricreare un contesto sociale, oltre che familiare, favorevole alla nascita e alla maturazione di grandi e impegnative scelte.

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