Misericordia concreta, accogliere lo straniero

Papa Francesco nell'indire l’Anno Santo affermando più volte che, la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. Per cui la misericordia è un amore “viscerale”, proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono. Per questo il Papa ci ripropone, come atti concreti le opere di misericordia corporali e spirituali. Con  questo egli vuole far si che la vita del cristiano più che di belle parole sia fatta di piccoli gesti cotidiani che rendano visibile la misericordia, di cui egli stesso vuole essere esempio con gesti concreti, non studiati a tavolino ma espressione della sua vita di pastore e di cristiano.  Il gesto di scegliere di vivere a Santa Marta, più che nei palazzi vaticani, la sua prima visita come Papa a Lampedusa per essere vicino al dramma dei profughi, la scelta nelle sue visite pastorali dei luoghi dove vivono gli scarti della società del benessere, mense della Caritas, carceri, barboni e gente della strada, l’apertura di docce e servizio barbieria sotto il colonnato del Bernini, l’apertura di un ostello con trenta posti letti per gente della strada,  sono un invito a tutti noi Chiesa delle “Pietre preziose” a rinnovare il nostro modo di essere e vivere il nostro cristianesimo.

 La Chiesa in uscita, infangata, ferita e che si fa carico dei drammi umani è  per Francesco, qualcosa di molto importante a cui lui ha voluto mettere del suo quando, recentemente durante la preghiera domenicale dell’Angelus chiese alle famiglie religiose e alle parrochie di aprire le porte a coloro che fuggono dalle carestie, dalle guerre, da situazioni sub umane e cercano rifugio, condizioni migliori di vita e soprattutto un futuro per le loro famiglie. Possiamo leggere questo come un invito per una rilettura dell’opera di misericordia che ci chiede di “ospitare i pellegrini”.

 Ma chi sono i pellegrini del nostro tempo potremmo chiederci? Che cosa significa ospitarli? Io direi senza ombra di dubbio che i pellegrini del nostro tempo sono i profughi, la cui identità è multietnica e multiculturale, provenienti dai quattro punti cardinali del mondo, lasciandosci alle spalle situazioni di guerra, di calamità naturali, disperatamente alla ricerca di luoghi di vita e di mezzi per poter sostenere e dare un futuro alle loro famiglie e ai loro figli. Putroppo però non vogliamo renderci conto che la causa dell’ esodo dalle loro terre è il nostro mondo consumista, la nostra economia di rapina, e per questo gli giudichiamo come usurpatori, invasori, coloro che ci rubano ciò che è nostro,  ma che in realtà dovrebbe appartenere a tutti indistintamente.  

 È per questo che siamo chiamati a dare un ulteriore passo in avanti per risignificare il  senso dell’ospitalità. Forse è facile accettare nel nostro ambito famigliare, nella  nostra cerchia coloro che sono dei nostri, più difficile è accogliere  chi viene da lontano ed ha bisogno di una mano tesa, amica, fraterna, ma soprattutto di un sorriso, di una parola di accoglienza, di una porta che si apre  senza preconcetti senza fare  domande. Per questo come non ricordare la parabola del Samaritano, dello straniero, dell’eretico, del nemico che, difronte alla necessità non si pone grande domande, non si lascia imprigionare da quello che deve fare, dai ritualismi, dalle leggi e prescrizioni, semplicemente si china sulla persona, la carica sulla sua monta e si prende cura di lui  dando del suo meglio, fino alla fine.

 Chiediamoci allora se in questa Quaresima siamo  capaci di sconvolgere la logica escludente delle proposte nazionaliste e xenofobe che la cultura politica del nostro paese ci stà proponendo e passare veramente per la porta della misericordia, affinchè vincendo nazionalismi e programmi paternalisti possiamo sblindare le porte del nostro cuore e aprirci per accogliere non tanto dei numeri, o per obbligo, ma dei fratelli e delle sorelle per cui il vangelo ci chiede di essere segni del volto misericordioso del Padre. Beati i misericordiosi, perchè di essi è il Regno dei cieli.

 

Padre Gianfranco Graziola, IMC, 

Vice Coordinatore Nazionale della Pastorale Carceraria.

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