Il mondo sugli sci

Dallo Shisha Pangma alle traversate del Karakorum, delle montagne del Libano alle Alpi neozelandesi, dall’Antartide alla Norvegia, dall’Iran all’India. Sono i viaggi nel “pianeta bianco” compiuti da Giorgio Daidola secondo quello ski spirit che invita all’esplorazione del territorio e al godimento del paesaggio col passo lento di chi sa entrare nell’ambiente naturale diventandone parte e osservatore rispettoso.

Viaggi ora raccontati in "Ski Spirit. Sciare oltre le piste" (Alpine Studio, 2016), il libro in cui l'alpinista, giornalista e docente universitario torinese, trentino d'adozione, ha raccolto le avventure compiute nell'arco di 30 anni scoprendo il mondo sugli sci con la tecnica del telemark.

"Quella per lo sci è una passione che, unita al piacere di viaggiare, mi ha permesso di vivere momenti indimenticabili e coltivare rapporti umani profondi con i compagni di spedizione e la gente del posto", ha esordito Daidola dialogando con il presidente del Film Festival Roberto De Martin e con Mirella Tenderini durante la presentazione del volume, svoltasi nel salotto del FilmFestival della Montagna, in piazza Fiera, mercoledì 4 maggio.

"Lo sci come mezzo di trasporto è fonte di intense emozioni e per me ski spirit significa volare sulla neve – ha proseguito – ed è un percorso nel bianco compiuto anche con la fantasia attraverso le pagine di grandi scrittori come Ernest Hemingway e Conan Doyle". Il libro contiene, infatti, i racconti di viaggi compiuti sulle loro tracce, ripercorrendo gli itinerari da loro effettuati.

Daidola ha cercato l'"altrove" praticando il freeride, lo scialpinismo e realizzando grandi viaggi nel "Paradiso Bianco" restando fedele al telemark, la tecnica di chi sa guardare il mondo da una prospettiva particolare, di chi sale per poi "scivolare" verso il basso con eleganza e leggerezza, perfino quando si tratta di scendere dagli 8000 metri del Shisha Pangma.

In Antartide, la magia è stata quella di muoversi su una neve che ha migliaia di anni, ancestrale: "Lì si scia su un fondo duro con 5 cm di neve leggerissima ed è possibile sperimentare una dimensione di ricerca e di libertà che non ha eguali: immerso nella luce del sole radente al tramonto, mi sono sentito come in un santuario". Al 2007 risale la traversata più difficile, quella dello Hielo Continental Norte in Patagonia: "Il cattivo tempo ci ha ostacolato e abbiamo impiegato 17 giorni invece che i dieci programmati, restando senza cibo".

"Lo sci e la barca sono mezzi che permettono di spostarsi ritrovando il senso del tempo e dello spazio e c'è un nesso tra lo scivolare sulla neve e sull'acqua: quando sono in mare e arrivo alla meta, mi sento come uno dei primi grandi esploratori e anche il sailing spirit mi fa vivere un'avventura di scoperta totale, matura", ha poi aggiunto parlando dell'altra grande passione, quella per la vela.

Sfogliando il testo, arricchito da una serie di immagini dei viaggi compiuti e dai disegni di Giuseppe Marchi, emerge il senso della bellezza racchiuso in un movimento che l'autore ha saputo trasmettere anche attraverso la fotografia, tributando un elogio alla lentezza che esprime la critica allo scialpinismo mordi e fuggi basato sulla velocità.

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