“Io volontario nei pompieri, una passione che non si spegne”

“Ma come, ti presenti con la divisa del Corpo, non dovresti indossare quella da allievo?”. Al rimbrotto scherzoso, ma non troppo, dell’istruttore Walter Devigili il giovane allievo vigile del fuoco volontario risponde con la sfrontatezza dei suoi diciott’anni: ignorandolo. E’ venuto apposta anche se sono ormai passate da qualche minuto le nove di sera, qui alla caserma distrettuale di Mezzolombardo, dove un bel gruppo di allievi vigili del fuoco – sono 92 in tutto quelli appartenenti ai Corpi che afferiscono all’Unione distrettuale di Mezzolombardo, una delle 13 che danno vita alla Federazione dei corpi dei vigili del fuoco volontari del Trentino – si prepara coscienziosamente per la prima gara del campionato provinciale Allievi in programma sabato 14 maggio a Storo.

E mentre i suoi compagni continuano ad esercitarsi nelle manovre che dovranno eseguire alla perfezione nella competizione del fine settimana – i più giovani, tra i 14 e i 16 anni, nello srotolamento di una manichetta e nella scala a piramide; i più grandicelli, tra i 16 e i 18 anni, nella predisposizione di una motopompa – spiega che non ce l’ha fatta ad arrivare prima perché sta frequentando il primo anno di un corso biennale di specializzazione in edilizia sostenibile presso l’Enaip di Villazzano (Trento) e comincia a raccontarci perché per lui essere volontario nei vigili del fuoco è una vera e propria passione. “Tutto è cominciato quand’ero in terza media. Venni in visita con i miei compagni di classe qui alla caserma dei pompieri di Mezzolombardo. Ricordo che ci raccontarono come era organizzato il Corpo. Rimasi colpito dai mezzi, dalle attrezzature, dall’organizzazione. Mi piacque l’idea che si poteva fare qualcosa per gli altri”. Era un pensiero che in qualche modo gli frullava in testa fin da piccolo, quello di aiutare il prossimo spegnendo gli incendi. Ma in quell’occasione per la prima volta cominciò a delinearsi con chiarezza. “Il desiderio di aiutare gli altri mi prese dentro, così decisi di diventare volontario nei pompieri”. Con lui altri quattro compagni delle medie intraprendono lo stesso percorso, anche se qualcuno si perderà per strada. “E’ normale che sia così”, interviene l’istruttore Silvio De Eccher, del Corpo di Roverè della Luna, evidenziando però come il numero degli allievi vigili del fuoco volontari sia in crescita esponenziale. “Qui fummo tra i primi a istituire gruppi di allievi, una trentina di anni fa. E negli ultimi anni il numero è raddoppiato”.

L'appuntamento settimanale alla caserma di Mezzolombardo è molto atteso dai giovani allievi, per quelli appartenenti ai gruppi più piccoli è un'occasione per eseguire manovre altrimenti non praticabili e consente sia ai ragazzi e alle ragazze sia agli istruttori di scambiarsi pareri e condividere esperienze.

Frattanto il nostro giovanotto stringe più forte tra le mani il casco Gallet di colore scuro – ben diverso dal rosso vivace dell’elmetto degli allievi – e ci spiega come la passione per questo tipo di volontariato possa dare grandi soddisfazioni. “Le manovre Ctif (prove simulate da eseguire secondo regole codificate a livello internazionale, ndr) ti spingono a dare il massimo, sai che si tratta di una simulazione, ma i gesti che con la tua squadra devi compiere potrebbero in futuro consentirti di salvare delle vite umane”. Per ora no, ci si deve accontentare che siano gli altri a intervenire. Come quella volta che in caserma hanno cominciato a suonare tutte le sirene. “Sì, a un certo punto è scattata la ‘selettiva’, l’allarme generale che fa suonare le sirene per un intervento, e nel piazzale è atterrato l’elicottero del 118. ‘Siete pronti? Andiamo’, ci hanno detto. E’ stata un’emozione indescrivibile. Noi allievi non potevamo intervenire, abbiamo subito chiamato la squadra che era di sopra e li abbiamo visti partire”.

Ma il momento in cui dalle esercitazioni si passerà agli interventi veri si avvicina. “Ora sono vigile in prova”, racconta orgoglioso questo giovane volontario che, oltre allo studio, trova anche il tempo per lo sport, praticato nei “Gufi” della Rotaliana Rugby.

E mamma e papà che dicono di questa passione per l’antincendio? “Papà è egiziano, gestiva una palestra a Cles, dove sono nato, anche se ho vissuto sempre a Mezzolombardo, salvo una parentesi in Egitto, quand’ero piccolo, in un paese, vicino a Il Cairo, dove vivono mia nonna e i miei parenti. Mia mamma è trentina. Entrambi sono contenti di questa mia passione”. Figlio di una coppia mista, una di quelle unioni interculturali che tanto possono dirci sui processi di inclusione sociale tra migranti e italiani in quanto riflettono, a partire da un unico punto, diverse tematiche legate al pregiudizio e all’incontro (o, se vogliamo, al pregiudizio sull’incontro), con il suo atteggiamento pacato ma al tempo stesso vibrante Yousef Soliman, il nostro diciottenne volontario nei vigili del fuoco, figlio della terra trentina, ma al tempo stesso struggentemente legato alla terra d’origine del padre, quell’Egitto dove, confessa con malcelata sofferenza, quest’estate non potrà recarsi – per la prima volta in tanti anni – per via dello studio, ci suggerisce, forse, un modo di intendere e gestire le differenze. Che oggi è la priorità, come ci indica la Festa dei popoli (vedi pagina a fronte) che animerà il centro di Trento il prossimo fine settimana.

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