Alle radici dei conflitti

Il card. Tagle (Caritas Internationalis): “C’è uno squilibrio tra le risorse destinate alle armi e all’assistenza umanitaria”

Nel mondo oltre 130 milioni di persone ricevono oggi aiuti umanitari, una cifra record, e sempre più persone sono costrette a lasciare le proprie case per cercare riparo altrove. Per questo l’Onu ha convocato il 23 e 24 maggio a Istanbul (Turchia) il World humanitarian summit (Whs), con i rappresentanti dei governi, delle agenzie umanitarie, delle Organizzazioni non governative. Papa Francesco ha inviato un messaggio al Summit: “Ascoltiamo il grido delle vittime e di coloro che soffrono. Lasciamo che ci diano una lezione di umanità. Cambiamo i nostri stili di vita, le politiche, le scelte economiche, i comportamenti e gli atteggiamenti di superiorità culturale”. Il Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, nella sua relazione ha invitato gli Stati a “non fare affidamento in primo luogo a soluzioni militari quanto piuttosto investire nello sviluppo, essenziale alla pace e alla sicurezza”. Al Summit porta il suo contributo anche Caritas internationalis, con il presidente cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila. Ecco cosa ha detto all’agenzia Sir.

Card. Tagle, cosa chiedete ai rappresentanti delle nazioni qui riuniti?

Primo: riscoprire il volto umano del problema. Secondo: rivolgiamo un appello alla comunità internazionale, in particolare ai politici, perché affrontino le cause dei conflitti e delle calamità che provocano le emergenze umanitarie. Terzo: osservare e rispettare il principio di sussidiarietà; a volte le agenzie umanitarie internazionali tendono a controllare l’assistenza e ad imporre alla base un concetto di sviluppo calato dall’alto. Come Caritas collaboriamo a livello di base e chiediamo alle agenzie internazionali di rispettare la saggezza, l’esperienza e la conoscenza delle culture dei popoli e delle organizzazioni locali.

Tra le grandi emergenze umanitarie c’è quella dei migranti. Cosa chiede la Caritas?

Chiediamo ai capi di governo di affrontare con sincerità le cause delle migrazioni, esercitando la volontà politica a livello regionale e internazionale. Purtroppo c’è uno squilibrio tra le risorse destinate alle armi e all’assistenza umanitaria. E’ più importante, invece, investire nell’educazione, nella pace, nello sviluppo, invece di aspettare un conflitto per distribuire poi gli aiuti umanitari.

Eppure l’Europa alza muri, chiude frontiere e respinge i migranti. Cosa ne pensa?

E’ una situazione molto complessa. Ho ascoltato tanti europei, durante colloqui informali, chiedersi dove sia andata a finire l’umanità e la coscienza in Europa. Vediamo un fratello o una sorella nel profugo? Dov’è il progresso umano senza la fraternità, la solidarietà? Queste domande sono oggi per noi come un esame di coscienza.

Cosa si aspetta da questo Summit?

Non ci aspettiamo tutte le soluzioni ma il Summit è importante per dialogare e ascoltarci. E’ un grande passo in avanti. Speriamo che alle parole seguano i fatti.

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