Quel 29 maggio 1993 la strage dei volontari di pace

L’episodio aveva suscitato molto scalpore anche in Trentino: con i volontari bresciani avevano viaggiato talvolta i volontari Caritas trentini per portare aiuti alimentari alla popolazione

Con la cattura, nei mesi scorsi di Hanefija Prjic, ex ufficiale dell’esercito bosniaco, soprannominato “Paraga”, si riaprono le ferite di una guerra tanto sanguinosa e atroce, quanto assurda e inutile. Prijic era stato arrestato dalla polizia tedesca lo scorso 28 ottobre all’aeroporto di Dortmund in esecuzione di un mandato di cattura europeo spiccato dal Gip di Brescia che lo considera responsabile della strage di Gornji Vakuf del 29 maggio 1993: due volontari Caritas (Fabio Moreni e Sergio Lana) e un giornalista (Guido Puletti), bresciani, uccisi a sangue freddo mentre portavano un camion di aiuti umanitari alle cittadine di Zavidovici e Vitez. Successe durante la guerra dei Balcani, sulla cosiddetta “via dei diamanti”, tra Gornji Vakuf e Travnik, nel cuore della Bosnia.

L’episodio aveva suscitato molto scalpore anche in Trentino, dal momento che il gruppo della Caritas di Brescia, e in particolare l’imprenditore cremonese Fabio Moreni e il giovane bresciano Sergio Lana, era conosciuto dai volontari Caritas trentini, che spesso si recavano, come Fabio e Sergio, nei luoghi di guerra a portare carichi di aiuti alimentari alla popolazione colpita.

La speranza è che si possa far luce sul drammatico epilogo dell’agguato del 29 maggio 1993, visto che i volontari Caritas avevano come unico scopo , pur rischiando la vita, quello di portare un po’ di sollievo alle popolazioni più interne della Bosnia.

Gianfranco Innocenti era nel convoglio con Fabio Moreni un mese prima, il 1° maggio del 1993, diretto a Mostar. Un gruppo di amici della Parrocchia di S. Pio X di Trento aveva raccolto una bella quantità di aiuti e Fabio Moreni si era reso disponibile a trasportare la merce con quel suo camion che trenta giorni dopo fu sottratto a Fabio dai berretti verdi di Paraga, con il tragico epilogo che conosciamo.

Fabio si era subito contraddistinto per il suo carattere aperto, per la sua testimonianza di fede e per il suo coraggio di marca spiccatamente cristiano. Quel viaggio i trentini non possono dimenticarlo: in cammino su strade e villaggi deserti, accompagnati e incoraggiati dalla cadenza della preghiera, recitata con Fabio via radio da un automezzo all’altro.

Oggi il gruppo del Trentino si stringe al gruppo di Brescia e di Cremona, per ricordare questi fatti alla vigilia del 23° anniversario, che cade, vuole il caso, il giorno della memoria dei S. Martiri Ananuniesi.

In particolare è forte la presenza e la personalità dei coniugi Augusto e Franca Lana, che, privati dell’affetto del loro unico figlio Sergio, dichiarano ancora oggi e apertamente il loro perdono a quegli uomini, che così efferratamente uccisero il loro ragazzo. Sergio era consapevole del rischio, ma anche della valenza cristiana del suo viaggio, e condivideva le stesse finalità con Fabio.

Nel frattempo per domenica 29 maggio diverse sono le occasioni di commemorazione. Sergio Lana sarà ricordato a Rivarolo Mantovano, dove riposano le sue spoglie. A Cremona invece, alle 19, è prevista la cerimonia finale del primo Premio Letterario intitolato a Fabio Moreni, per tenerne viva la memoria e la testimonianza di martire cristiano, alla presenza degli studenti delle scuole superiori partecipanti, con l’assegnazione dei riconoscimenti agli autori degli elaborati selezionati dalla giuria. Al termine, sarà celebrata una S. Messa di suffragio. L’iniziativa si terrà alla “Cascina Fabio Moreni” eretta per volontà di Valeria Arata Moreni, mamma di Fabio, e di alcuni amici di Fabio che hanno dato vita alla Fondazione Fabio Moreni.

La testimonianza forte di Fabio, la profonda fede ed il suo senso di altruismo vengono oggi portati avanti dalla Fondazione, che al suo esempio si ispira e che da lui prende il nome.

“E’ difficile dimenticare questi fatti, anzi, a questo punto nessuno di noi desidera dimenticarli, visto che le vite di Fabio e di Sergio lasciano un solco profondo nella vita di tutta la Chiesa e gridano ancora alla gente di questo mondo che la guerra è assurda e non lascia niente di buono dietro di sè”.

Fabio aveva scritto che sentiva il grido di tante persone che lo chiamavano ad aiutarle e soprattutto – ricordava in un suo intervento – “il poter sentire un giorno dalla voce di Cristo le parole: Ero nella desolazione per una guerra crudele, avevo fame e bisogno di tutto e tu sei venuto a portarmi aiuto e conforto”.

Davvero non vanno dimenticati questi volontari, Fabio e Sergio in particolare, che in Bosnia hanno dato la vita e il cuore per Cristo, per i fratelli bisognosi e per noi.

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