“Terra madre”

«Nei luoghi santi c'è la possibilità di incontrare non solo la storia ma anche la geografia della salvezza». «Qualcuno pensa che si possa costruire qualcosa soffiando sul fuoco mentre è fondamentale tessere dialoghi». «Della mia formazione di comunicatore porto la necessità di ascoltare: per non dare risposte a domande che non sono state poste e capire le richieste autentiche»

Da Ministro provinciale a Custode di Terra Santa. In mezzo, quattro giorni da frate semplice, complice anche la nascita di un'unica Provincia francescana del Nord Italia. “Speravo di riuscire ad esserlo per qualche anno. Per un frate l'autorità è un servizio e quando ti viene chiesto cerchi di svolgerlo nel modo migliore. Ma l'ideale è poter tornare a vita di comunità, più semplice rispetto alle responsabilità di quando si deve governare»

Peraltro i vostri incarichi sono rigorosamente a termine?

Generalmente durano sei anni, rinnovabili per tre. Dopodiché giustamente si cambia servizio. Ho smesso da tempo di fare progetti e programmi per il mio futuro perché tutte le volte che pensavo che le cose andassero in un certo modo il Padre eterno mi ha scombinato le carte. Fino ad aprile ero tranquillo.

Il Custode del 2016 che numeri racconta?

L'anno prossimo saranno gli ottocento anni della presenza francescana in Terra Santa. Al momento abbiamo 258 frati presenti in Israele, nei territori dell'Autorità Palestinese, in Giordania, Egitto, Libano, Siria, Cipro, Rodi. E poi presenze all'estero legate al Collegi di Terra Santa, dove entravano coloro che vi sarebbero andati missionari. Ora sono luoghi di sensibilizzazione e raccolta fondi.

Il Custode ha anche un rilevante ruolo politico-istituzionale. Tradotto?

Il primo ruolo resta in funzione dei frati. Se c'è una buona animazione essi riusciranno a svolgere bene il loro servizio pastorale, sociale, di accoglienza dei pellegrini e cura dei santuari, ma anche nelle parrocchie e nelle scuole. Si tratta poi di coltivare rapporti ecumenici: c'è un Patriarcato latino, i cattolici di rito orientale e le comunità ortodosse. Il mio predecessore padre Pizzaballa diceva non a caso che Gerusalemme è la “Chiesa madre”. E c'è poi il significato interreligioso, visto che i cristiani sono minoranza e la maggioranza è di religione ebraica o musulmana. Priorità, come suggerisce papa Francesco, è essere costruttori di ponti. Qualcuno pensa che si possa costruire qualcosa soffiando sul fuoco mentre è fondamentale tessere dialoghi.

C'è, storicamente, una forte presenza di francescani trentini in Terra Santa. Quale eredità?

Mi hanno insegnato l'amore per una terra che è unica al mondo, perché c'è la possibilità di incontrarvi non solo la storia ma anche la geografia della salvezza. Noi cristiani siamo religione fortemente radicata nel mistero dell'incarnazione che ha sempre due coordinate: il tempo e lo spazio.

I suoi frati sono di quaranta nazionalità diverse. Come se la cava con le lingue straniere?

La lingua ufficiale della Custodia è l'italiano, la seconda l'inglese che dovrò migliorare molto. Mi arrangio invece con lo spagnolo.

Il giorno dopo la sua nomina lei ha già dovuto prendere posizione a seguito di un attacco che ha colpito anche uno dei vostri conventi in Siria. E' quello il “fronte” che più la preoccupa?

La situazione è sempre più difficile per i cristiani, ormai minoranza delle minoranze e tuttavia c'è una presenza dei frati significativa e coraggiosa: dopo i bombardamenti vanno sul posto, documentano, e mettono in moto la macchina della ricostruzione per fare in modo che non scappino anche gli ultimi cristiani. I frati sono quasi tutti siriani e loro vogliono rimanere. E i conventi sono trasformati ormai in centri per i rifugiati aperti a tutti.

Come intende rilanciare i pellegrinaggi in Terra Santa?

Dicendo che è uno dei modi concreti per essere vicini alla minoranza cristiana e far sentire loro che non sono dimenticati. I pellegrinaggi creano anche percorso economico virtuoso. Non dimentichiamo che tutto nasce dal pellegrinaggio di San Francesco in Terra Santa, quando incontrò il sultano.

Del suo fondatore, a parte il nome, che cosa porta dentro?

L'idea del camminare. San Francesco è un bel po' avanti rispetto alla mia capacità di farlo. In Terra Santa il significato aumenta: su quelle strade è passato Gesù. Di Francesco porto dentro il desiderio di fraternità, di parlare di Gesù come persona viva che dà senso pieno alla nostra vita. Spero mi accompagni e mi ispiri.

Ma ripensando alla sua vocazione chi, tra i testimoni più vicini, deve ringraziare?

La “concorrenza”, i cappuccini Padre Francesco Bortolotti, mio cugino, e l'altro compaesano di Vigo Meano Fra Oreste Saltori che morirono missionari in Mozambico il lunedì di Pasqua del 1989. Quand'ero bambino sognavo la vita missionaria. Dio mi ha chiamato a 53 anni…

Lei è stato anche il frate che ha promosso in Trentino le marce francescane. Di quell’esperienza cosa mette ora nello zaino?

Fummo indubbiamente pionieri di un'esperienza forte di condivisone. Centocinquanta chilometri tutti gli anni fino ad Assisi: camminare con i giovani ti fa capire che non sono un problema ma una risorsa straordinaria. Dentro di loro c'è freschezza, desiderio genuino di vivere la vita cristiana in modo essenziale, radicale e fraterno.

Del Fra Francesco giornalista e comunicatore cosa pensa possa ora tornarle utile?

Abbiamo una presenza abbastanza forte con il Terra Santa Media Center. Ma a parte questo dico che, paradossalmente, la comunicazione richiede grande ascolto e quindi questa sarà la carta migliore. Sono stato nominato Custode, causalità francescana, nel giorno di San Bernardino. In una delle sue prediche volgari egli diceva ai cristiani: “Dio hatti dato due orecchie et una lingua, perché tu oda più che tu non parli”. L'ascolto come regola della comunicazione in tutti i campi: politico, ecclesiale, sociale. Altrimenti rischiamo di dare risposte a domande che non sono state poste e di non capire le richieste autentiche della gente.

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Il ritorno

“E' passato del tempo, lo studio è completamente rinnovato. Mi fa sempre piacere tornare qui”. E' un testimone degli esordi della radio diocesana, nei primi anni Novanta, Fra Francesco Patton, radiocronista degli eventi ecclesiali e conduttore della storica rubrica serale “Dire la fede oggi”. “Consentitemi di chiamarla ancora radio Studio Sette” rammenta il nuovo Custode di Terra Santa, appassionato di radio come di musica, “anche se ho deciso – confessa una settimana dopo la nomina avvenuta il 20 maggio – di lasciare la mia chitarra e i miei spartiti ad un giovane frate (Francesco Grassi, prete a San Vigilio, n.d.r.)… Ora non avrei proprio il tempo”.

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