Un potere più grande della guerra

Lo sciopero del sesso indetto da Lisistrata, personaggio nato dalla penna di Aristofane, evidenzia l'assurdità dei conflitti

Cosa succederebbe se un gruppo di donne decidesse d’indire uno sciopero del sesso per convincere i mariti ad interrompere una guerra?

Tratteggiava questa situazione il commediografo greco Aristofane nel V secolo a.C. con la “Lisistrata”. Quest'opera parla di una guerra, quella del Peloponneso, che stava dilaniando le città di Atene e Sparta, conclusa grazie a un “contingente di pace” riunito non senza difficoltà da Lisistrata, una donna ateniese determinata a raggiungere la fine delle ostilità con qualsiasi mezzo.

Maura Pettorruso e Stefano Detassis, interpreti e sceneggiatori, hanno rappresentato la commedia di Aristofane martedì sera nel teatro di Tenna (anziché al Forte, a causa del maltempo), con degli intermezzi musicali di Pras Band e del Coro Arnica, e con la partecipazione della Filodrammatica La Busier. A introdurre la serata, che è stata curata da Daniele Filosi e si colloca nel ciclo “Sentinelle di Pietra”, la vicesindaco del comune di Tenna Loredana Camin.

Per accorgersi dell’assurdità della guerra “basta avere delle orecchie per ascoltare e degli occhi per vedere”, asserisce Lisistrata. E, se anche il sentimento d’odio fosse così profondo e radicato nel cuore dell’uomo, “noi dovremmo avere la possibilità di contrastarlo con un sentimento altrettanto potente”, aggiunge in seguito.

Il potere in questione è in mano alle donne. Si tratta di una lotta nella quale vince il più debole: non c’è bisogno di possedere contingenti armati per combattere la battaglia che Lisistrata vuole intraprendere. Per Lisistrata non hanno senso le parole del commissario, il quale sostiene arrogantemente che “quelli che ti esortano ad abbandonare le armi, in realtà, ti stanno suggerendo di pugnalare tua madre, perché, così facendo, lasceresti la strada aperta al nemico, che arriverebbe fino a casa tua e deporterebbe tutti nel suo paese”. Combattere non significa per lei avvicinare l’ora della pace.

La campagna della donna greca inizia a coinvolgere un numero sempre più ampio di donne, all’inizio restie, ma poi sempre più convinte della necessità di occupare l’acropoli ateniese per privare gli uomini dei mezzi finanziari per continuare le ostilità. Tenere gli uomini fuori dalla città vuol dire anche tenerli fuori dalle loro case e dal loro letto. Significa allontanarli dalle loro mogli.

Nessun’arma, nessuna atrocità nella lotta di questo contingente. Nessun “massacro legalizzato”, come Lisistrata definisce le battaglie intraprese dagli uomini senza il consenso delle donne, rimaste sempre inascoltate e segregate in casa. “Tu pensa se si convocassero qua tutte quante le donne del mondo per salvare la Terra” è il ragionamento che balza in testa al personaggio femminile ideato da Aristofane.

Anche quando il commissario si dimostra perplesso riguardo alla capacità delle donne di amministrare il denaro, Lisistrata gli ricorda che sono già loro a gestire le finanze domestiche. La guerra di ogni giorno, quella che non comporta l’uso di armi, è tenacemente portata avanti dalle donne.

Gli uomini non riescono a resistere allo sciopero del sesso. Alla fine, si arrendono. Farebbero di tutto – anche rinunciare alla guerra – pur di riavere indietro le proprie donne.

La pace che mette fine alle ostilità tra ateniesi e spartani – ma, attraverso una lettura più ampia possibile grazie all'attualizzazione dell'opera, anche ad ogni altra guerra – viene quindi firmata davanti a Lisistrata.

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