Protonterapia, un aiuto alle famiglie

L'esempio del comune di Valdaone che finanzia un fine settimana di accoglienza ai piccoli pazienti. Resta il problema del mancato riconoscimento dei LEA

Si è fatto un gran parlare della moderna sede per la protonterapia realizzata in via al Desert a Trento (come “una cattedrale nel deserto”, a giudizio dei critici che la ritengono sottovalorizzata) ma poco si è detto sull'impatto umano e sociale per le famiglie dei 140 pazienti che finora si sono sottoposti alle cure contro tumori e altre patologie, mediamente lunghe 4 o 5 settimane.

La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori ha saputo cogliere le loro esigenze: “Abbiamo messo a disposizione due appartementi a Trento per ospitare i familiari – spiega il presidente-fondatore Mario Cristofolini – così da alleviaare la loro permanenza in città. E' un modo per sostenere anche questo centro di avanguardia che la nostra città dovrebbe considerare come fiore all'occhiello: i risultati della protonterapia sono ormai riconosciuti nella loro efficacia anche rispetto ad altre metodiche”.

VALLE CHE SORRIDE. Una fascia particolare è quella dei piccoli pazienti, finora 31, che devono sottoporsi ai trattamenti quotidiani, spesso faticosi. Per questo la LILT, per iniziativa dell'oncologo Gianni Ambrosini, consigliere comunale a Valdaone, ha realizzato un progetto di accoglienze per le famiglie dei ragazzi provenienti da fuori provincia: è il comune stesso di Valdaone che si accolla le spese per ospitare nel fine settimana in una struttura ricettiva il piccolo paziente con i suoi familiari: “Possiamo offrire un periodo di stacco e di sollievo rilassante – spiega la sindaca del Comune Ketti Pellizzari – garantendo discrezione e tranquillità. Speriamo che anche altre amministrazioni possano “copiare” quest'iniziativa denominata “Val Daone ti sorride” all'insegna dello slogan “I bambini sereni fanno sogni felici”.

A confermare e testimoniare direttamente l'efficacia di questo aiuto i due genitori romani di Sofia, bimba romana di 5 anni appena rientrata (come altri due pazienti nelle settimane scorse) dal weed end nei boschi sotto le cascate della valle di Daone: “Ci siamo sentiti davvero coccolati – dicono – e nostra figlia continua a chiederci di poter tornare in quei posti, anche per tante persone accoglienti che ha incontrato”.

ATTESA DEI LEA. Alla presentazione di questo semplice progetto che vede un'amministrazione comunale collaborare con un ente di promozione sociale è intervenuto anche il direttore del Centro di Protonterapia Maurizio Amichetti: “Iniziative come queste sono importantissime anche per favorire una conoscenza di quanto possiamo offrire a Trento”. Resta il problema del mancato riconoscimento nazionale dei LEA (i livelli di assistenza minima, a regime libero) che impedisce di fatto ai pazienti di quasi tutte le altre regioni di potersi curare a Trento senza spendere cifre impossibili. Finora siamo obbligati a fare solo i pazienti trentini o quelli delle poche regioni che hanno ottenuto l'autorizzazione al trattamento prototerapico”.

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