In Burundi donarono la vita

La loro morte improvvisa e violenta scosse l’Italia intera. Papa Francesco le definì “religiose zelanti, generose testimoni del Vangelo”. Oggi la vita e le opere di Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian sono presentate in un nuovo libro a distanza di due anni dalla loro uccisione per mano ignota. Va’, dona la vita! Storia, parole, morte di tre missionarie saveriane in Burundi (Editrice Missionaria Italiana, pp. 256, euro 13) è il volume curato da Teresina Caffi che racconta i loro lunghi anni di missione tra America latina e Africa, il loro impegno come catechista (Olga), ostetrica (Lucia) e formatrice (Bernadetta), la loro fine drammatica.

Le tre religiose vennero uccise tra il 7 e l’8 settembre 2014 nella loro casa di Kamenge, nella periferia di Bujumbura, in Burundi, Paese ancor oggi piagato dalla violenza intestina che semina morte e lutti. Ad oggi non è stata fatta chiarezza né sull’autore del triplice omicidio né sui mandanti o sul movente. Ma ciò non ha impedito un segno profetico di testimonianza: la loro casa – nella cultura locale nel posto in cui una persona è stata ammazzata nessuno può più vivere – è stata trasformata in luogo di preghiera e spiritualità.

Al di là delle cause di questo triplice omicidio, resta la spinta missionaria di queste religiose italiane, che avevano alle spalle decine di anni di presenza nei posti più lontani e difficili, come il Brasile, il Congo e il Burundi: “La loro è la testimonianza di donne che hanno dato tutto quello che avevano, che sono rimaste, che non sono scappate e che lo hanno fatto semplicemente per amore. Sono rimaste per limitare i frutti amari della guerra e della divisione”, scrive nella prefazione al libro monsignor Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna.

Il libro curato da suor Caffi attinge a materiale inedito delle tre suore uccise, lettere private, diari personali, biglietti e riflessioni spirituali, da cui traspare una decisione radicale, come spiega Giordana Bertacchini, direttrice generale delle Saveriane: “Non hanno avuto scelta nella morte, ma la scelta l’avevano fatta prima: quella della vita data per la missione per amore di Gesù e della gente, della presenza in contesti difficili, dello stile indifeso che le ha rese più vulnerabili”.

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