La forza di essere fragili

Un nuovo fantastico viaggio in compagnia di Nemo, Marlin e dell'insostituibile Dory

È passato un anno da quando Marlin, pesce pagliaccio vedovo e timoroso, ha attraversato l'oceano per ritrovare il suo unico figlio, Nemo. Con loro vive Dory, la pesciolina chirurgo che nonostante uno spiccato disturbo di perdita di memoria a breve termine è stata determinante nella buona riuscita dell'impresa.

La vita scorre tranquilla, ma ad un tratto Dory comincia a ricordare frammenti del suo passato e nel suo cuore si riaccende la nostalgia dei genitori, persi chissà quando, dove, come. Comincia così un secondo, rocambolesco viaggio, questa volta in direzione della California e di un parco oceanografico abitato da buffi personaggi.

Dopo tredici anni dal clamoroso successo del suo esordio come regista di un lungometraggio animato, Andrew Stanton dirige con Angus MacLane Alla ricerca di Dory, disegnandone il racconto in modo da sigillare Alla ricerca di Nemo ad un sequel che diventa spin off, trasformando in protagonista il personaggio più divertente del primo episodio.

Un esperimento che è piaciuto: il film ha incassato nei primi quattro giorni di programmazione oltre cinque milioni e mezzo di euro. Ma qual è il successo di questa favola che apparentemente non fa che ripercorrere l'avventura precedente? Sicuramente aiuta la tecnica sempre più sofisticata dell'animazione digitale, supportata da una visione a tre dimensioni che immerge lo spettatore nelle profondità dell'oceano, questa volta, però, la storia è più sfaccettata. Accanto alle stupefacenti scene di fuga e ai colpi di scena, il viaggio segue il costante precario equilibrio della protagonista tra la frammentaria memoria del passato e la smemoratezza del presente. Una situazione di debolezza che non scoraggia Dory, ma che la sprona ad andare avanti, ad affrontare con coraggio e un pizzico di follia ogni ostacolo e ad andare alla ricerca di se stessa, per capire le sue origini e il motivo della sua lunga solitudine negli abissi.

Accanto a lei si muovono una serie di personaggi, ognuno con il suo difetto che si trasforma in punto di forza nell'incontro con l'altro. Se la balenottera miope Destiny ha bisogno del supporto visivo del beluga Bailey, e questi deve essere incoraggiato ad usare il suo geolocalizzatore, sarà l'innata capacità di Dory di creare legami di affetto a far desistere dal suo desiderio di solitudine il camaleontico polpo Hank. Un viaggio fantastico che diventa quindi un percorso interiore, in cui anche Marlin, con il suo innato pessimismo, e Nemo, con la sua pinna atrofica fortunata, segnano un nuovo traguardo nella loro crescita personale.

“Buona la seconda” anche per la prova dei doppiatori. Se il mancato accento siciliano maschera bene Luca Zingaretti nella parlata di Marlin, impossibile ormai separare Dory dalla voce di Carla Signoris, capace di arricchire il personaggio di un timbro ingenuo, spiritoso e caldo che contribuisce non poco a conquistare lo spettatore.

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