Cirano, anima libera

La spiazzante “utopia dell'amore” di Cirano, portato in scena a Trento da Corrado d'Elia

"Esagero? Sì, esagero!". Cirano è scattante, divertente, coraggioso, trascinante. Suscita simpatia, fa riflettere, va controcorrente. Soffre, perché è brutto, ma è libero e rifiuta qualsiasi conformismo e asservimento. Sogna, ama e osa essere se stesso. Invocato in suo aiuto dalla cugina Rossana di cui è segretamente innamorato, e poi da Cristiano, bello ma privo di parole d'amore per poterla conquistare, è ombra nella notte che gli "soffia dentro un'anima" e si accontenta di fare da suggeritore, mantenendo il segreto fino alla fine. Uomo onesto, compagno leale, spirito saldo, dice "no, grazie" a tutto quanto sa di finto e lo costringerebbe a rinnegare se stesso. Scherza ironicamente sul suo difetto fisico – un camino, una piramide, un trespolo per uccelli -, decanta versi e regala pura poesia.

Esagera certo, ma la bruttezza di un naso deturpante gli preclude amore, successo, gloria. Esagera, però ti puoi fidare. Esagera, ma ogni scelta è ispirata da un amore disinteressato e generoso, e il "Cirano di Bergerac" portato da Corrado d'Elia e dalla sua compagnia teatrale sul palco dell'Auditorium S. Chiara di Trento – gremito – sabato 8 ottobre nell'ambito della tre-giorni dedicata all'"Utopia dell'amore" prevista nel programma culturale di "Utopia500" (promossa da Il Margine), è l'incarnazione dell'eroe utopico per eccellenza: destinato a essere dimenticato, non rinuncia mai alla sua umanità che diventa di volta in volta piuma che scrive lettere appassionate, spada che protegge, carezza gentile e ironia coinvolgente, abbraccio sicuro e urlo liberatorio.

Dedicato "ad ogni anima libera di sognare", con l'anteprima di Trento rispetto alla ripresa in cartellone a Milano "Cirano di Bergerac" ha inaugurato la ventesima stagione dalla prima messa in scena e da vent'anni appunto, con più di mille repliche che hanno affascinato oltre 200 mila spettatori, Corrado d'Elia fa vibrare la storia immortale e universale del Cirano tratto dal testo di Edmond Rostand con un adattamento in prosa e una regia che emozionano, regalando uno spettacolo di repertorio amatissimo in tutta Italia che incarna le molteplici dimensioni dell'anima di un uomo capace di conservare la sua libertà e la sua integrità morale. Dimensioni che nascono da un nucleo incorruttibile: Cirano non ha paura di sognare – la radice della sua forza – e non ha paura di donare se stesso e, pur restando nell'ombra, il poeta-spadaccino dal lungo naso ci fa riscoprire la purezza dei sentimenti, la nobiltà degli ideali e la fedeltà ai sogni.

Con Cirano-d'Elia si ride, ci si commuove, si trattiene il fiato nei momenti in cui l'amore per Rossana straripa dal petto e sale alle labbra, si soffre con lui, si corre insieme da un lato all'altro del palco, su e giù per una pedana inclinata, smontata e rimontata dagli attori stessi, che scenograficamente ha regalato ulteriore spazio all'immaginazione, dinamismo all'azione e possibilità di "giocare", e l'interpretazione magistrale di d'Elia, il ritmo, la vivacità e l'intensità dei 12 attori sul palco per due ore e mezza hanno suscitato applausi a più riprese. E proprio al gioco e alla capacità evocativa del teatro ha fatto riferimento l'attore-regista milanese dialogando con Arianna Bazzanella nell'incontro pomeridiano con il pubblico svoltosi nella sala conferenze della Fondazione Bruno Kessler a Trento: "Cirano fa la storia perché è un personaggio vivo, vicino a noi, simbolo di diversità ma anche campione di sfrontatezza: gli piace non piacere e non scende a patti, è cocciuto. Ho cercato di giocare mettendo la creatività al servizio del testo, e la pedana, le spade e la piuma sono perciò segni evocativi lanciati al pubblico che poi li riempie con la sua sensibilità".

L'eroe-antieroe, campione di lealtà e passione, rimane il segno di un'utopia vivente: "Cirano può risvegliare in ognuno il desiderio di sognare e un moto positivo legato al nostro bisogno di giustizia, amore, bellezza, poesia". È quello che mostra la "nasificazione collettiva" finale: il naso di Cirano è un difetto esteriore che però non inquina lo spirito; la perfezione fisica, invece, può nascondere una povertà che rende mediocre l'anima. E se Cirano-d'Elia morendo lascia cadere a terra il naso finto, la sua compagnia di guasconi e Rossana ne indossano uno, come a dire che la bellezza espressa nei suoi versi e il dono del suo amore hanno la forza dirompente di emergere al punto da cancellare la bruttezza fisica, rendendo tutti più umani e simili in quanto appartenenti all'umana famiglia. Ed è questa la magia del teatro, come diceva Strehler: l'umano che si fa, ossia accade, rinnovandosi magicamente ogni sera.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina