La comunità, prima e anche dopo la morte

Nei prossimi giorni ci ritroveremo in molti tra le tombe dei nostri defunti. Può essere l’occasione propizia per pensare un po’ a cosa sta accadendo alla nostra cultura, al nostro modo di vivere, proprio in relazione al culto dei morti. Ce ne dà motivo anche il recente breve documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, approvato da Papa Francesco, dal titolo “Ad resurgendun cum Christo” (per risuscitare con Cristo). Il riferimento è all’odierno contesto sociale dove, anche da noi, va sempre più aumentando, per diversi motivi anche pratici, il numero di coloro che scelgono la cremazione per sé o per i propri cari. Già dal 1963 la Chiesa Cattolica accetta e non vieta anche questa modalità. Per molti questo uso, previsto anche dal nuovo Rito delle Esequie (2011), sembra essere un fatto ormai assodato. Chiaramente tutti finiremo in cenere, prima o poi. Lo afferma la Bibbia fin dal suo primo libro (Gen 3, 19) e ce lo ricorda ogni anno il mercoledì delle ceneri: ricordati che sei polvere, in polvere tornerai.

La nostra cultura e formazione cristiana ci ha educato in questi secoli a quello che avveniva già prima di Cristo, come ci testimoniano le pagine e le preghiere dell’Antico Testamento: seppellire i morti nella terra, in un sepolcro. Soprattutto dopo la morte e sepoltura di Cristo abbiamo imparato, a differenza di altre culture, ad avere rispetto per i nostri morti, per le loro tombe e i loro sepolcri. Noi facciamo quello che Gesù faceva; non dimentichiamo la sua commozione a Nain e il suo pianto per l’amico Lazaro. Noi ripetiamo quello che è accaduto a Gesù, ai martiri e ai santi. Le loro tombe non sono semplicemente una pietra posta sopra un morto, quasi a chiudere definitivamente una storia; ma sono un segno di una vita che continua, di una presenza che non cessa di dare un messaggio di speranza, di bene, di vita. Pensiamo al sepolcro vuoto di Cristo visitato e venerato ormai da duemila anni!

Dovremmo riflettere insieme a quanti incontriamo in questi giorni, in un confronto franco e sereno. Papa Francesco ci chiederebbe di non lasciarci rubare la speranza (EG 86) anche di fronte alla morte. La Chiesa non è contraria alle ceneri, all'incenerimento dei cadaveri, soprattutto oggi, quando questo avviene per motivi igienici o per motivi di spazio. Ma nei funerali e nell’inumazione nella terra del corpo della persona umana, guarda alla sua interezza di corpo e anima. Di quel corpo che è stato abitato dalla Parola di Dio,  dal Pane dell'Eucaristia; di quel corpo che stato segnato con l'acqua del battesimo e con l'olio della Confermazione. Quel corpo non è semplicemente un cadavere da gettare, da buttare, da dimenticare. Ancor di più quelle ceneri, quella tomba, quel corpo hanno bisogno della nostra memoria e del nostro ricordo. Per questo la Chiesa, anche con questo documento, invita i cristiani a non disperdere in modo anonimo le ceneri di un defunto nell’aria, sulla terra o nell’acqua. E anche a non tenerle privatamente in casa. Infatti, la tomba al cimitero, luogo della memoria e della preghiera, consente a tutti di ricordare quel morto e di pregare per lui. Per i defunti non basta il nostro ricordo; non basta solo la nostra preghiera, ma è necessaria, è bella anche quella degli altri e della comunità. Per indicare e sperimentare una comunità, una comunione che continua anche dopo la morte, come accade in modo speciale da noi nei primi giorni di novembre.

Possono sembrare incontri superficiali talvolta quelli che si fanno al cimitero: quattro chiacchiere, quattro parole, ma dietro ci sta la volontà di sentirci famiglia tra di noi vivi e famiglia con quelli che sono vivi ormai in un altro modo. Noi cristiani vogliamo continuare a rispettare la loro memoria; non vogliamo privatizzare quel fatto che al giorno d’oggi è ancora una delle esperienze più belle di socialità e di fraternità. Il momento del funerale, il momento della morte, che ci vede andare ancora insieme in quelle case, in quelle chiese, su quelle strade, in quel cimitero dove accompagniamo tanti fratelli e sorelle per l’ultimo tratto di un cammino. Ancora Papa Francesco ci direbbe (EG 92): non lasciatevi rubare la comunità! Siamo chiamati a continuare a vivere nella memoria di quelli che ci hanno preceduto, siano essi i grandi santi e beati che la Chiesa ci propone o le persone umili dei nostri cimiteri. Persone che non possiamo e non vogliamo più e mai dimenticare; ormai rese grandi da Dio. Anche questa può essere una di quelle strade che il Vescovo Lauro ci chiede di perseguire per dire no al rischio dell’individualismo, della privatizzazione e dell’anonimato; per essere invece fraternità autentica in vita e in morte.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina