Ridiamo speranza

La risposta dei servizi Caritas alle situazioni di povertà, accentuate dalla crescente instabilità lavorativa

Siamo alla fine del lavoro? O, perlomeno, del lavoro come l’abbiamo conosciuto fino a ieri? A dire dei mutamenti intervenuti nel mondo del lavoro – la crescente instabilità, la precarietà -, imputabili solo in parte alla perdurante crisi economica, è anche il Rapporto sulle povertà, elaborato dalla Caritas di Trento e dalla Fondazione Comunità solidale. Giunto alla nona edizione, viene presentato giovedì 27 ottobre al Centro Bernardo Clesio.

Il rapporto, pubblicato per la prima volta da quest'anno con cadenza biennale anziché annuale, si basa sull'osservazione sul campo dei 65 dipendenti e delle centinaia di volontari della Caritas e della Fondazione, che operano direttamente sul fronte del disagio sociale nei Centri di ascolto zonali (CedAS) e nei Punti di ascolto parrocchiali. Occhi e orecchie attenti, che hanno colto, nel 2015, l'emergere prepotente della questione del lavoro, un mercato sempre più precario, concorrenziale, dove se si incappa in una caduta – come la perdita temporanea del posto di lavoro –, diventa difficilissimo rialzarsi. Gli effetti a cascata sono disastrosi: difficoltà nella gestione delle spese familiari, ritardi nei pagamenti dell’affitto e delle bollette, in una spirale perversa che finisce per mettere al tappeto. Senza sostituirsi all’ente pubblico e ai servizi istituzionalmente chiamati a dare risposta (Agenzia del lavoro, centri per l’impiego), i servizi Caritas si sono lasciati interpellare anche da questo crescente bisogno, attivando il progetto “Ridare Speranza”, a Trento e a Rovereto, per offrire occasioni lavorative temporanee all’interno degli stessi servizi della Caritas e della Fondazione. In tre anni, tra il 2013 e il 2015, 63 persone – delle quali il 66,7% italiani – che da troppo tempo faticavano a trovare un’occupazione sono state avviate ad un percorso di emancipazione sociale attraverso il lavoro. Persone che, pur avendo abilità e competenze, non riuscivano a ricollocarsi perché troppo “anziane” (over 50) o donne sole con figli a carico. Con le modalità del lavoro “in somministrazione” attraverso un’apposita agenzia di lavoro, sono state impiegate in alcuni servizi Caritas come il negozio Altr’Uso, il Cedas di Trento, alcune case di accoglienza, trovando non solo un’opportunità di lavoro, ma mettendo anche a frutto le loro competenze e la loro creatività. E di questi 63 lavoratori, oltre il 40 per cento ha trovato un nuovo lavoro al termine dell’esperienza maturata. Sempre in risposta all’emergenza occupazionale, la Fondazione Comunità Solidale, insieme all’associazione Infusione e al Comune di Trento, ha avviato il progetto Network, offrendo opportunità di tirocinio retribuito a persone in difficoltà. Con l’idea che se queste persone riescono a reinserirsi nel mercato del lavoro, il beneficio ricade poi sull’intera comunità. L’esperienza di questi tre anni mosttra che l’aspetto più importante è accompagnare le persone in difficoltà con strumenti che rendano i percorsi di reinserimento più incisivi.

Un altro strumento sperimentato in questi anni per contrastare il disagio economico è quello del Credito solidale, che dal 2009 al 2015 ha raggiunto la somma di 732.000 euro, mentre i Fondi di solidarietà promossi dai decanati di Trento e Rovereto, in collaborazione con la Caritas, hanno erogato (nel triennio 2013-2015) la somma di 464.000 euro. Queste iniziative hanno consentito di offrire un accompagnamento economico a persone e famiglie in difficoltà (il 60% degli aiuti sono stati destinati ad italiani), facendo anche emergere un nuovo bisogno sociale: la necessità di una educazione e un accompagnamento di molti nella gestione delle proprie entrate economiche.

Complessivamente, sono 3.502 le persone in situazione di bisogno incontrate dalla Caritas diocesana e dalla Fondazione Comunità Solidale nel 2015. Un terzo (1141) sono italiani e rappresentano il 60% dell’utenza europea, per il resto proveniente soprattutto dai Paesi dell’Est (737). Di poco superiore agli italiani il numero degli immigrati dall’Africa (1174), in buona parte dal nord del continente.

I servizi Caritas hanno incontrato presso gli 11 centri di ascolto (+2 rispetto al 2014) e i 25 punti di ascolto parrocchiali (+4) 2.948 persone. Oggi questo servizio è meno mirato all’erogazione di aiuti materiali (viveri e vestiario), ma si concentra soprattutto sull'ascolto e sull'accompagnamento delle situazioni di disagio. Le famiglie seguite dai Cedas sono 1.640 , tre quarti con figli a carico, 8 su 10 immigrate), per un totale di 4.300 persone aiutate.

Le richieste di intervento nel 2015 sono state 21.030 (con poco meno di 20 mila risposte): quasi la metà riguardano gli alimenti, seguono ascolto e accompagnamento, sussidi e finanziamenti, beni e servizi materiali (mobilio, vestiario). Gli stranieri rappresentano la quota maggioritaria di quanti si rivolgono ai Cedas (67% del totale). E cresce l’età: un terzo è tra i 50 e i 65 anni e oltre i 65.

Tra i problemi affrontati dalla Fondazione Comunità Solidale c'è il crescente disagio abitativo. Nel 2015 sono state accolte 133 persone nelle strutture che offrono soluzioni abitative di media o lunga durata. La Fondazione Comunità solidale gestisce anche, in collaborazione con le comunità locali, soprattutto le parrocchie, 21 appartamenti che ospitno 124 richiedenti protezione internazionale (fra di loro anche i 30 siriani giunti alla fine di febbraio 2016 attraverso il primo corridoio umanitario attivato in Italia).

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