La percezione della sicurezza

Mi capita di spostarmi spesso fra Milano, Trento e Gerusalemme: e certamente la città che trovo più sicura è proprio questa nostra Trento. Eppure nel leggere la stampa e nell’ascoltare la gente emerge una realtà diversa fatta di piccoli furti, spaccio e quant’altro. A tuo parere quale potrebbe essere la soluzione a breve e a lungo termine?

Ilda

Proprio la prima pagina dell’ultimo numero di Vita Trentina rilanciava un’intervista con il Commissario del Governo Pasquale Gioffrè, arrivato a Trento nel maggio scorso. Naturalmente si è parlato anche di sicurezza. All’incalzare delle domande del nostro Piergiorgio Franceschini, Gioffrè dimostra di avere idee chiare ed equilibrate: massima attenzione al fenomeno della piccola criminalità (quella però più “vicina” ai cittadini), presenza visibile delle forze dell’ordine, controllo capillare del territorio anche urbano, contrarietà a misure securitarie troppo invasive, ancora peggio se gestite dalla gente (le sempre evocate “ronde”). Quello che mi è piaciuto di più è stato però l’invito del Commissario affinché la società civile partecipi maggiormente alla tutela della sicurezza. In un modo a lei consono, cioè riappropriandosi degli spazi cittadini.

In questo senso le soluzioni a breve termine vanno lasciate alle forze dell’ordine che mi sembra facciano bene il loro mestiere. Come dicevi nella tua domanda spesso sono gli organi di informazione e alcuni gruppi politici a gettare benzina sul fuoco; anzi il più delle volte vorrebbero accendere un fuoco dove ci sono poche braci. Qualsiasi episodio viene amplificato a dismisura: sembra quasi che le persone siano attratte dalla cronaca nera, spesso sopravvalutando le dimensioni del fenomeno. Non bisogna aver paura di dire che Trento è una città sicura, dove si vive in maniera tranquilla. La realtà è indubitabilmente questa.

Avendo tu un’esperienza oserei dire “globale” comprendi bene la differenza tra una città come Gerusalemme (con tutti i conflitti che conosciamo), una metropoli come Milano e un capoluogo di una provincia come è Trento. Ogni paragone tra queste tre realtà è impossibile. Eppure qualche trentino crede di essere in balia dell’insicurezza, ricordando un bel tempo antico forse mai esistito.

Tuttavia occorre considerare anche l’importanza della percezione che la gente ha nei confronti della tranquillità urbana. Sarebbe sbagliatissimo sottovalutare i sentimenti diffusi. Che non vanno stigmatizzati, ma vanno compresi o, al limite, guidati e corretti. Come ha detto il Commissario occorre abitare la città. Sicuramente Trento e il Trentino sono cambiati rispetto ad alcuni decenni fa. È sorta e si è allargata l’università, sono arrivati molti stranieri. Sono solo due esempi per dire come l’ombrosa e soporifera Trento sia diventata assai più movimentata… A qualcuno questo mutamento dà molto fastidio, tuttavia questa è la situazione odierna. Che non si risolve con strumenti repressivi oppure mettendo il silenziatore alla musica dei locali. Allora sì che i giovani si riverseranno per strada. È meglio invece moltiplicare le occasioni di ritrovo, pensare ad alternative di divertimento. Educare al divertimento.

Un altro elemento di disturbo sono gli stranieri. Personalmente questa mi sembra una rappresentazione esagerata. Gli stranieri, se parliamo in termini generali, commettono meno reati degli italiani. Però, in certi settori come lo spaccio minuto di droga, sono i monopolisti. A Trento gli spacciatori sono quasi tutti tunisini. Ma questo non è qualcosa di etnico, è una manovalanza a basso prezzo che si è sostituita negli anni ai trentini. È dunque una questione più generale, più di fondo, di lungo periodo. Non riguarda solo gli stranieri e ancora di meno i migranti e i rifugiati approdati nell’ultimo periodo in Italia. Il problema è offrire a loro un futuro. Perché il loro futuro coincide con il nostro. La nostra sicurezza, il nostro benessere, dipenderà da loro, in quanto soltanto loro ce lo potranno garantire. Basti pensare all’assistenza per gli anziani: senza giovani a chi ci potremo rivolgere?

Quindi per affrontare la questione sicurezza, non serve più polizia, non serve più paura, ma occorre puntare su più integrazione: scuola, lavoro, partecipazione sociale, cooperazione, senso di appartenenza, educazione, tolleranza reciproca e, quando ci vuole e soltanto come ultima possibilità, repressione. Alternativa non ce n’è per davvero. Se non aumentare l’insicurezza.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina