“Vegliate!”

Is 2,1-5;

Sal 121/122;

Rm 13,11-14a;

Mt 24,37-44

Con la prima domenica di Avvento diamo il via al nuovo anno liturgico, sarà l’evangelista Matteo a offrirci la sua lieta notizia, una parola che illuminerà i nostri passi in questo nuovo percorso di fede.

Se gettiamo uno sguardo sulla nostra vita notiamo come essa sia sempre scandita da nuovi inizi: ogni giornata ci appare come un frammento di tempo riempito da volti che si affacciano sull’orizzonte del nostro sguardo, rassicurandolo o inquietandolo, da voci la cui eco talvolta riesce a farsi spazio nei recessi più intimi del nostro cuore per sedimentarsi in noi con il suo fardello di domande e provocazioni, da mille situazioni che ci prospettano nuovi percorsi disseminati da imprevedibili cambiamenti.

Portiamo in cuore due eventi vissuti nel corso dell’anno liturgico appena concluso: il giubileo della misericordia, che come un unguento benefico ha risanato le ferite provocate dal nostro egoismo, ricordandoci che Qualcuno continua a perdonarci e ad amarci nonostante tutto… e il nuovo pastore della nostra diocesi con il quale cammineremo verso nuovi pascoli, quelli che il Signore ci indicherà. Sono due doni, una caparra di grazia in grado di alimentare la speranza che custodiamo in noi.

Una parola ci inquieta nel vangelo di questa prima domenica di attesa del Natale del Signore ed è Gesù stesso a pronunciarla, esortandoci a vegliare.

In questi giorni di autunno inoltrato le ombre della sera ci avvolgono anzitempo, ogni giorno è sempre più avaro di luce, c’è la notte che incombe, che ci invita a concederci al torpore, quando i pensieri si fanno rarefatti e lentamente cedono il passo all’incoscienza del sonno.

C’è anche la notte esistenziale, che asseconda il sonno dell’anima quando come “nei giorni di Noè”, ricordati dal vangelo odierno, la quotidianità ci distoglie da ciò che davvero conta nella nostra vita, la pressione dei nostri pur positivi e fruttuosi impegni anestetizza ogni slancio di novità che ci permetterebbe di uscire da tutto ciò che diamo ormai per scontato.

Quante vicende e situazioni a livello personale, familiare e sociale non provocano più la nostra vita, non le danno più sapore e consistenza! Certi difetti che ci ritroviamo, certi peccati che continuiamo a fare non ci preoccupano più.

Se analizziamo il nostro vissuto familiare tendiamo a giustificare banalmente silenzi prolungati e disattenzioni imperdonabili. Nelle nostre relazioni coniugali e parentali: “mangiamo e beviamo” senza raccontarci la vita a tavola, non reinventiamo più il nostro rapporto di coppia, confinandolo in un menage monotono e logorante, non guardiamo i nostri figli negli occhi, non ci accorgiamo dei loro cambiamenti e turbamenti: spesso sono gli altri, un insegnante o un amico, ad aprirci gli occhi sui problemi dei nostri ragazzi.

E che dire di quella crescente insensibilità di fronte ai drammi di oggi: guerre più o meno dimenticate, poveri del mondo che emigrano e ci arrivano fin sull’uscio di casa… Dietro a ogni dramma c’è un volto, mille, centomila volti, vite spezzate, speranze disilluse.

Vegliare allora vuol dire uscire da questo torpore, resistere a quel sonno dello spirito che annebbia gli occhi del nostro cuore impedendoci di vedere l’altro, il prossimo.

In Avvento vegliamo perché sta per venire Colui che “porta via” le nostre chiusure e che “lascia” quel mondo di bene che con il suo aiuto abbiamo costruito finora, Colui che solo può redimerci dalla nostra superficialità nell’affrontare la vita, per restituirci la dignità di uomini e di cristiani adulti e responsabili.

Verrà furtivo come un ladro? Irromperà nella nostra vita e la sua presenza non ci atterrirà, sarà come accogliere un ospite atteso da sempre, arriverà con i suoi doni che riempiranno le nostre mani vuote e da “buon ladro” svuoterà il nostro cuore di tante false certezze.

Sarà come il bagliore del primo raggio che annuncia l’alba, ci inonderà del suo splendore come la luce che esplode nella pienezza dell’estate, quando i nostri laghi brulicano del luccichio dei raggi e le nostre montagne accarezzate dal sole sfoggiano la loro maestosità e bellezza. Sì, siamo stati creati per immergerci nella luce. Isaia ce lo ricorda nella prima lettura: “…venite, camminiamo nella luce del Signore” e san Paolo aggiunge: “Indossiamo le armi della luce”. Viviamo questo tempo di Avvento portando in cuore un anelito che si fa preghiera: “Vieni, Sole nascente, rivestici della tua luce e avremo la pace”.

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