Referendum sui binari della storia

In questo referendum confermativo non è necessario il quorum, ma domenica sera l’affluenza alle urne ci dirà se gli Italiani hanno affrontato con serietà questa consultazione sulle modifiche alla Costituzione, “spina dorsale della nostra democrazia”, come diceva l’onorevole Elsa Conci, “pasionaria bianca” trentina tra le 21 donne della Costituente.

E’ finita la campagna elettorale “giocata” da tutti i partiti in una ricerca di consenso pari alla demonizzazione degli avversari. Hanno contato molto i contenuti cercati sui social media, dove si tende a chiedere conferma alle proprie idee e a “fidarsi” degli opinion leader “amici”. In qualche caso, non troppo frequente da noi, sono stati assemblee e confronti promossi da sigle cattoliche a favorire una conoscenza approfondita delle “ragioni” del sì e del no, “per arrivare al voto – come auspicava il segretario della CEI Nunzio Galantino – con la testa ben messa, e non di pancia”. Anche Vita Trentina e radio Trentino inBlu nelle scorse settimane si sono impegnate a chiarire le posizioni. Da una parte, i punti di vista del sì che assicurano maggiore stabilità e partecipazione democratica anche con leggi popolari e referendum propositivi, rinnovamento del sistema politico, riduzione dei costi, un ridisegnato rapporto di equilibrio nel rapporto Stato e regioni dopo la riforma del 2001. Dall’altra parte, i punti di vista del no che temono in caso di approvazione una deriva autoritaria, strapotere del Governo sul Parlamento, riduzione della partecipazione, spinte alla partitocrazia e al centralismo statale.

Alla vigilia ormai del voto, le opinioni maturate meritano di essere sottoposte al setaccio di tre letture “combinate”.

La prima è una lettura diacronica che colloca queste modifiche dentro un percorso storico costituito da decisivi antecedenti e da prevedibili conseguenze. Non votiamo sul pianeta Marte e in una data indefinita della storia: veniamo da 70 anni di lento e paziente percorso di costruzione della nostra democrazia postbellica,  nata da un inevitabile compromesso e segnata da un forte spirito antifascista. Una transizione incompiuta, avviata dai Padri costituenti e affidata ad una “Magna Charta” concepita come rigida nei princìpi ma flessibile in alcuni suoi assetti istituzionali, tanto che se ne prevedevano le modalità di cambiamento. Sulla base dell’art. 138 siamo arrivati negli ultimi tre anni alle modifiche scaturite da sei votazioni in Parlamento.

E’ in questa luce di sofferto percorso che dobbiamo considerare quali passaggi vengono innescati, favoriti o bloccati, dall’esito del voto. La lettura sincronica, la seconda, pone sullo stesso piano in contemporanea i punti di questo quesito articolato in vari quesiti. Esige uno sguardo sinottico – soprattutto agli indecisi e a quanti ravvisano elementi di debolezza anche nella propria scelta preferenziale – che arrivi a misurare il peso specifico dei diversi punti, ma alla fine propenda per la somma più alta dei fattori positivi. Ben difficilmente sarà un’adesione di totale consenso per il sì o per il no, ma con questa sintesi equilibrata e mediana si eviterà di farsi troppo condizionare da elementi marginali o residuali, ancorché importanti presi singolarmente.

Infine la lettura geopolitica, inevitabile davanti a equilibri internazionali sempre più interdipendenti e dalle ripercussioni economiche. Non si tratta di piegare gli affari interni alle attese (e pressioni) esterne; non si può però ignorare l’esito del voto italiano sulla riforma costituzionale dentro un mosaico europeo nel quale molte tessere nazionali si presentano in un dissesto preoccupante e in direzione centripeta rispetto al valore dell’unità europea.  Ma anche altri occhi del mondo sono sull’Italia che va alle urne domenica, come conferma il commento postato da Shanghai da una docente trentina: “La Cina si aspetta che noi siamo all’altezza delle nostre potenzialità. Altrimenti guarderanno altrove. E i treni persi stavolta, mentre noi discutiamo di riforma elettorale sulla banchina della stazione, non torneranno più”.

Comunque vada, il 4 dicembre 2016 rappresenta una chiamata molto importante, alla quale ognuno deve rispondere con matura consapevolezza. Buon voto!

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