Ai due nuovi diaconi: “Consegnate voi stessi!”

L'invito a Luca e Francesco dell'Arcivescovo, che aggiunge: “Non lasciamo che lo Spirito di contesa e di rivalità ci metta in trappola”

Nella Solennità dell'Immacolata, riprendendo una lunga tradizione che legava il sì di Maria alle ordinazioni diaconali in diocesi, è arrivato alla Chiesa trentina il dono di due nuovi diaconi. Ad accoglierlo una folla che giovedì 8 dicembre ha gremito in ogni angolo la basilica di Santa Maria Maggiore, in rappresentanza delle comunità di provenienza e degli ambiti del loro servizio. Ricca anche la presenza di sacerdoti trentini – ben 64, più 10 diaconi – fra i quali quelli anziani e infermi ospiti del Soggiorno Sacerdoti.

I due giovani del seminario diocesano, presentati all'assemblea e all'Arcivescovo dal rettore don Tiziano Telch sono Francesco Viganò 25 anni, e Luca Tomasi, 24 anni.

Francesco è nato in Bolivia ad Aiquile (la prelatura fondata dai francescani trentini), durante i tre anni di missione vissuti dalla sua famiglia. Francesco ora vive a Romagnano e prima di entrare in teologia ha frequentato il Liceo linguistico Da Vinci: nei prossimi mesi continua il servizio diaconale a Mattarello.

Luca, diacono per ora a Rovereto, è invece nato a Tione ma originario di Godenzo Poia nel Lomaso, maturità classica al Prati (con vita collegiale all'Arcivescovile) prima di scegliere il Seminario.

“È giorno di gioia. La gioia di Dio per la nostra esistenza”, ha esordito mons. Lauro Tisi nella sua omelia rivolgendosi spesso ai due diaconi: “Cari Luca e Francesco, lasciatevi sorprendere da questa Meraviglia di Dio, dalla sua commozione per noi”.

“Può un Dio rimanere radicalmente estasiato anche nei confronti dell’uomo sconfitto, piegato dalle sue colpe?” si chiedeva poi rispondendo con le parole del salmo e del cantico che sono lapidarie: “Forte è il suo amore per noi”, “Forte come la morte è l’amore”.

Per l'Arcivescovo, “è Maria a custodire gli inizi del grande Grembo ecclesiale, al quale il Padre, grazie allo Spirito Santo, consegna il Figlio Amato. In Lui, le donne e gli uomini di ogni tempo e ogni epoca hanno a disposizione la possibilità concreta di esultare mentre si diventa casa per gli altri, si insegue con tenacia il perdono, si conosce la gioia di farsi servi”.

“Cari Luca e Francesco – proseguiva l'Arcivescovo – vi invito ad amare la comunità ecclesiale, applicando la sana provocazione di Papa Francesco che “il tutto è superiore alla parte”. Come diaconi percepitevi, nel vostro servizio, membri, in tutto e per tutto, della comunità ecclesiale, evitando di porvi a lato o addirittura sopra di essa: perdereste la possibilità di accedere al tesoro di Dio, il Verbo amato”.

L'Arcivescovo aggiungeva la raccomandazione che “Il conflitto ceda il passo all’unità. Non lasciamo che lo Spirito di contesa e di rivalità ci metta in trappola, facendoci perdere il contatto con la realtà”

Sottolineando l'importanza delle biografie – nel Vangelo come oggi – osservava che “la fede è un incontro vivo e concreto, non è cerimonia, è un diario che racconta il frequentare strade, case, volti, piedi e mani. La Vergine di Nazareth non dice “sì” a un’idea, ma sceglie una modalità di vita: si mise in viaggio. Chi crede s’avvia, attiva processi, anziché occupare spazi, come ricorda papa Francesco”.

L'ultima conclusione: “Cari Luca e Francesco, non ho altre raccomandazioni da farvi, se non quella di Maria. Non abbiate altro Signore che Gesù di Nazareth. A lui, al suo percorso di vita, alla sua bellezza, consegnate voi stessi”.

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