“Non temere!”

Is 7,10-14;

Sal23/24,1-6;

Rm 1,1-7;

Mt 1,18-24

Quand’ero bambino aspettavo con ansia e meraviglia il mese di dicembre. C’erano due visite che mi riempivano il cuore di gioia: l’arrivo di santa Lucia con i suoi doni, qualche indumento, piccoli giochi e dolci, perché la “mia” santa Lucia era modesta, e la nascita di Gesù. Il Bambinello veniva senza portare regali, perché era Lui il dono.

Ogni anno, una settimana prima di Natale, mio papà ci dava la lieta notizia che era giunto il momento di fare il presepio. Quale gioia in famiglia! Tutti ci si dava daffare, ognuno aveva il suo ruolo, la sua piccola responsabilità. A me toccava il compito di disporre le statuine: non ero mai soddisfatto della collocazione, anche più volte al giorno spostavo pecorelle, avvicinavo alla stalla pastori e tenevo fra le mani Gesù Bambino che avrei deposto nella piccola mangiatoia all’alba di Natale.

Ricordi d’infanzia, capaci di far guizzare nel cuore sentimenti innocenti, sogni e attese, nostalgia di un’età illuminata dallo stupore, da gioie immediate, semplici e familiari.

Natale è la festa della famiglia.

Lo fu anche duemila anni fa quando un angelo portò l’annuncio incredibile e sconcertante a due giovani che stavano per metter su casa. L’evangelista Luca narra dell’annunciazione a Maria, Matteo ci dice in questa domenica che un messaggero divino parla in sogno a Giuseppe. Maria e Giuseppe, due cuori intrecciati da un amore profondo e umano, vengono avvolti dall’Amore che irrompe dal cielo. I loro progetti, le loro speranze e le loro attese così umane e naturali sono come adombrate e trasformate dalla presenza del Soprannaturale. Tutto in loro assume una luce nuova: prospettive in attese, un inimmaginabile destino s’impossessa della loro vita.

Com’è possibile?” grida quasi Maria, non comprendendo il mistero di un seme divino che sta per attecchire e mettere radici nel suo grembo. Giuseppe, uomo del silenzio, per rispetto pensa di lasciarla.

La lieta notizia dev’essere anticipata da un “non temere”, perché la vicinanza di Dio fa paura. Riecheggiano antiche parole:“Ho avuto paura perché sono nudo”. È la risposta di Adamo a Dio che si avvicina, che lo cerca dopo il peccato d’origine.

La venuta del Signore è preparata da un angelo che ricorda all’umanità che è finito il tempo della paura, che i forzieri del cielo stanno per essere violati, che Eden il luogo della cacciata, della separazione e del conflitto sta per tornare ad essere il giardino in cui l’umanità si intrattiene con Dio, la creatura viene riaccolta fra le braccia del Creatore, la sua nudità sta per essere coperta da lembi di grazia.

“Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio… l’Emmanuele, che significa Dio con noi”.

Da queste parole emergono le ragioni della nostra fede, della nostra identità cristiana: ogni anno celebriamo nel memoriale il Dio con noi e in questi ultimi giorni di Avvento avvertiamo con Maria e Giuseppe la trepidazione dell’attesa. La preghiera si fa intensa, il luccichio del Natale mondano non dovrebbe distogliere il nostro sguardo dalla contemplazione del mistero di questa nascita: lasciamoci guidare dai bagliori della stella che ci conduce a Betlemme, dove in una stalla, deposta in una greppia,contempleremo la Vita.

Mentre aspetto di essere conquistato da questa Presenza penso innanzi tutto a me, pover’uomo, peccatore, spesso sconfitto dai miei egoismi; rifletto con sconcerto su questo nostro mondo, messo a soqquadro dai suoi giochi pericolosi: focolai di guerra attizzati dai nuovi tiranni, dagli Erode di oggi, che per interesse fanno soffrire e morire specialmente i bambini, economie impazzite che affamano molti a vantaggio di pochi, divorando a tempo di record tutte le risorse del pianeta; ricordo con intima sofferenza le popolazioni del centro Italia scosse dal terremoto che a più riprese in pochi secondi ha schiacciato vite umane, rubando le case, riducendo a un ammasso di macerie chiese ed edifici che narravano la nostra fede, la nostra storia e la nostra arte. Ognuno di noi sente in sé, nelle profondità del suo cuore, il bisogno di aggrapparsi a Colui che solo può strapparci dalle molteplici povertà e miserie umane.

Infine, è ancora l’angelo che dice a Giuseppe: “Maria darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Sta dunque per nascere Gesù il Salvatore.

Nella preghiera di attesa gli diciamo: “Vieni, Signore Gesù, purifica la nostra vita, dilata il nostro cuore, riempilo dei tuoi battiti d’amore, donaci un’umanità nuova che profuma di divino,perché possiamo scoprirci persone abitate dalla tua presenza di pace”.

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