Guerre dimenticate

Il 2016 sarà ricordato come l'annus horribilis del conflitto siriano. Ma anche come l’anno dei corridoi umanitari

Il 2016 sarà ricordato come l'annus horribilis del conflitto siriano, che dal 2011 ad oggi ha presentato un campionario di orrori al quale l'opinione pubblica internazionale si è ben presto assuefatta. Salvo reagire, di tanto in tanto, quando a diventare bersaglio dell'una o dell'altra parte erano obiettivi che mai si sarebbe pensato potessero essere tali, come scuole ed ospedali. L'ingresso nel conflitto della Russia di Putin a fianco del presidente Assad non ha fatto che aumentare il catalogo delle efferatezze, perpetrate, come accade nelle guerre mondiali, a danno soprattutto dei civili.

Sono oltre 50 mila i bambini uccisi finora, ricorda Unicef Italia, che giovedì 22 dicembre promuove l’#AleppoDay per dire basta alle sofferenze. “Bisogna rompere il muro dell’indifferenza che copre questa guerra infame da quasi sei anni. Sarà una giornata dove, come Unicef, cercheremo di sensibilizzare i cittadini su quanto accade in Siria e ad Aleppo, in particolare, dove raccoglieremo fondi per inviare coperte e beni di prima necessità”, afferma Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia. Le testimonianze degli operatori dell'Unicef ad Aleppo parlano di bambini traumatizzati da ciò che stanno vivendo, testimoni di esecuzioni e violenze. Molti di loro hanno urgente bisogno di assistenza psicologica specializzata, perché hanno subito traumi violenti, conoscono solo la guerra. “Specie per i più piccoli è divenuto normale essere bombardati, dover fuggire, come se per loro i raid non sono un pericolo ma qualcosa che fa parte della vita di tutti i giorni. È orribile e inaccettabile”, conclude Iacomini. Da Aleppo sono uscite in questi giorni dal settore orientale già 14 mila persone e il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato all’unanimità l’invio di osservatori nella città martire della Siria per monitorare le operazioni di evacuazione. “Molti testimoni raccontano di atrocità indicibili, ipotizzando una gigantesca deportazione di massa, al fine di rimodellare la realtà demografica del Paese, probabilmente già in atto”, denuncia la Federazione nazionale della stampa, che con l’Associazione Giornalisti Amici di padre Dall’Oglio (il padre gesuita scomparso in Siria nel luglio 2013) e Articolo21 ha organizzato il 21 dicembre scorso a Roma un incontro per fare il punto sulla drammatica situazione della città.

“Abbiamo vissuto per cinque volte il Natale nel segno della sofferenza qui ad Aleppo”, dice padre Ibrahim Alsabagh, parroco latino di Aleppo, la città martire siriana, in un video, inviato all'agenzia Sir, con le voci e le immagini di molti bambini della parrocchia (si veda a pagina 32).

Per rompere il silenzio, l'associazione Insieme per la Siria ha promosso sabato 17 dicembre in piazza Duomo a Trento una manifestazione che ha riportato sotto i riflettori dell’opinione pubblica questa tragedia epocale che vede l’Europa distratta, esitante, pur di fronte a quello che frequentemente è indicato ormai come un genocidio, il genocidio del popolo siriano. C’erano molti esponenti della comunità siriana, cittadini trentini, così come immigrati di altre nazionalità che hanno voluto esprimere la loro vicinanza alle sofferenze del popolo siriano. Tra le molte bandiere della Siria, anche qualche vessillo del cosiddetto “Free Syrian Army”: una “stonatura”, a giudizio dei portavoce del M5S del Trentino, che in una nota hanno sottolineato la filiazione di questa formazione combattente da Al-Quaeda in Siria.

In piazza c'erano anche le famiglie siriane giunte in Trentino nel febbraio scorso dai campi profughi del Libano, grazie al primo corridoio umanitario aperto dall’Italia per iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, delle Chiese evangeliche e della Tavola valdese, d’intesa con il governo italiano, come risposta – positiva e soprattutto replicabile – a una delle più pressanti questioni umanitarie oggi in agenda. Il loro viaggio dal campo profughi di Tel Abbas, nel nord del Libano, è stato raccontato sulle pagine di questo settimanale e dimostra che di fronte alla tragedia dei viaggi senza speranza nel Mediterraneo e alla disperazione di milioni di persone che vogliono un futuro diverso e che bussano alla nostra porta è possibile dare risposte comunque cariche di umanità. Non sono mancate, nel 2016 che si avvia alla conclusione, altre esperienze e altri tentativi che fanno ancora sperare. Citiamo solo, a mo' di esempio, a livello nazionale il lungo lavoro, durato mesi, che ha coinvolto tutte le comunità italiane del Masci (Movimento Adulti Scout) per raccogliere firme e portare al Parlamento una petizione che chiede (e propone) azioni concrete per un'accoglienza dei profughi rispettosa della dignità della persona, il superamento del Regolamento di Dublino, la realizzazione di veri percorsi di integrazione, il sostegno dei corridoi umanitari; la “Marcia degli uomini e delle donne scalzi” svoltasi l'11 settembre scorso in tutta Italia per chiedere un cambio di rotta nelle politiche europee di asilo; e, per stare al Trentino, l'esperienza positiva delle “canoniche aperte” lanciata dalla Diocesi in risposta all'appello di Papa Francesco ad aprire le porte ai migranti “come a fratelli”.

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