Problemi reali e zuffe politiche

La situazione che abbiamo davanti è dunque quanto mai complicata: avremmo bisogno di un governo autorevole, ma l’attesa spasmodica della resa dei conti elettorali ci impedisce di averlo

’Italia è uno strano paese: abbiamo davanti a noi problemi enormi e di difficile soluzione, ma la classe politica anziché occuparsi di questi è tutta concentrata in una gigantesca zuffa che si svolge non solo fra i partiti, ma al loro stesso interno. Qualcuno potrebbe notare che i due fenomeni sono connessi come spesso accade nella storia, ma è una magra consolazione.

La nostra situazione economica è tutt’altro che brillante. La tanto attesa ripresa c’è solo come una pallida speranza, il nostro sistema finanziario e bancario non gode di buona salute, la disoccupazione rimane preoccupante, siamo a rischio di un braccio di ferro con la UE per il nostro deficit. Il tutto condito dalle nostre ormai strutturali debolezze: pubblica amministrazione che funziona a macchia di leopardo, sistema della giustizia pieno di problemi, e via con l’elenco che ormai tutti conoscono a memoria. Aggiungiamoci la ferita del terremoto e disastri connessi. Ce ne dovrebbe essere abbastanza per chiamare tutte le forze politiche ad una grande tregua e a concentrarsi su come dare finalmente una svolta alla situazione. Il campanello d’allarme della finanza internazionale (spread e connessi) sta già iniziando a suonare.

Invece il tema centrale del dibattito politico è come definire una volta per tutte chi comanda e come si distribuirà il potere negli anni a venire. Questo è il vero tema della brama di avere al più presto possibile una prova elettorale nella speranza che gli elettori dicano loro a chi va consegnato il timone del nostro sistema politico. Di conseguenza si scatena la lotta all’interno dei partiti, in forme a volte di smaccata evidenza altre di velenosi dietro le quinte.

Il PD è il partito che offre lo spettacolo più effervescente di questa lotta di potere fra una leadership che credeva di essersi affermata una volta per sempre e che si scopre debole (i renziani), un variegato gruppo di reduci della seconda repubblica che pensano sia venuta l’ora per mostrare quanto sono stati sciocchi quelli che pensavano di sostituirsi a loro (D’Alema, Bersani, ecc.), nonché un variegato insieme di signori feudali che pensano di sfruttare a loro vantaggio lo scontro fra le due fazioni precedenti (Emiliano, Rossi e compagni). Da nessuno di questi si sente una proposta che sappia minimamente di progetto politico su come tirar fuori l’Italia dalle sue attuali debolezze, perché un po’ di slogan e qualche elucubrazione su cosa sia la vera sinistra sono solo stanchi pezzi di un repertorio che ormai non ha più presa.

Si potrebbe estendere l’analisi delle zuffe interne più o meno a tutti i partiti e le aree, ma non serve. Il tema da affrontare è se il ricorso alle urne sarà in grado di darci un vincitore che per i prossimi cinque anni possa prendere in mano il governo del paese. A stare ai sondaggi ciò risulta impossibile e dunque le elezioni non farebbero altro che ibernare l’attuale situazione di scontro generalizzato e di governabilità assai problematica. Del resto non manca chi fa notare che poi non è detto che il vincitore di uno scontro di questo genere, ove invece ci fosse, sia poi quello che davvero farà fare passi avanti positivi al paese.

Nell’incertezza si presenta l’alternativa del “per un po’ lasciamo tutto com’è”. In fondo il governo Gentiloni non è male, almeno in alcuni settori chiave, e può tirare avanti la baracca, magari riuscirà a dare qualche colpo d’ala. Potrebbe essere, se non che bisogna scontare il fatto che la domanda di elezioni presto e le zuffe politiche connesse non si fermeranno, per cui avremo un governo ostaggio di questo panorama destinato a durare fino a che in un modo o nell’altro si andrà alle urne. E siccome in ogni caso a febbraio-marzo 2018 la legislatura si conclude, nessuno fermerà le proprie manovre perché, comunque sia, alla fine all’agognata prova elettorale si arriverà.

La situazione che abbiamo davanti è dunque quanto mai complicata: avremmo bisogno di un governo autorevole, ma l’attesa spasmodica della resa dei conti elettorali ci impedisce di averlo; non è al momento immaginabile che da un “tagliando elettorale” possa nascere quella chiarificazione fra le forze politiche e quella stabilizzazione delle loro classi dirigenti di cui ci sarebbe necessità per avere un futuro quadro di effettiva governabilità.

Speriamo che tutto questo non faccia crescere nella gente la voglia che arrivi uno che impone il famoso “silenzio nei ranghi!”.

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