“Ricostruire il rapporto con la realtà”

 

La situazione socio economica del Trentino sta segnando un momento di particolare difficoltà, accentuata dalla perdurante crisi mondiale e italiana in particolare: il dato, emerso dal IX rapporto 2016 sulle povertà incontrate nei servizi Caritas e Fondazione Comunità Solidale, è confermato anche da quanto emerso lunedì 30 nell’incontro tenuto all’Oratorio di Pergine, che ha coinvolto anche gli operatori dell’area sud del lago di Caldonazzo.

Un incontro, come ha sottolineato in apertura il direttore della Caritas Diocesana Roberto Calzà, con cui si cerca di attuare quelli che sono gli obiettivi fondamentali della Caritas: osservare, ascoltare, discernere. Lo scopo principale infatti non è tanto, o non solo, quello economico finanziario, ma soprattutto di aiutare le persone a ricostruire un rapporto con la realtà, affrontando le difficoltà con conoscenza di causa e l’indispensabile spirito di sacrificio che aiuta a superare i momenti bui.

Il momento storico che stiamo vivendo è uno di questi e i dati del IX Rapporto costituiscono uno spaccato della realtà trentina. Nell’ultimo anno le persone aiutate sono state 3.500, di cui 1.900 europei, 1.200 africani, 300 asiatici e 80 americani. Le richieste di aiuto sono state oltre 21.000, riguardanti in particolare gli alimenti, beni e servizi materiali, sussidi e finanziamenti, ascolto e accompagnamento (in crescita).

La considerazione principale emersa dal Rapporto è che negli ultimi anni si registra un cambiamento dei bisogni. Non siamo più di fronte alla richiesta del “pacco viveri”, ma di un diverso aiuto per far fronte ad altre criticità, prima fra tutte la mancanza di lavoro che ha portato prima all’espulsione dal mercato dei più deboli e cioè gli immigrati extracomunitari, ma da qualche tempo anche dei locali che hanno perso il posto di lavoro e che non riescono più a rientrarvi. Ciò comporta difficoltà a far fronte alle spese come l’affitto o la ricerca di un alloggio in seguito a separazione, con ripercussioni spesso sui figli.

Un quadro che trova conferma anche in Valsugana, dove la crisi sembra più forte che altrove, a Pergine in particolare, come hanno confermato i dati presentati dai responsabili dei Centri di Ascolto della zona. A Levico (il Centro è sorto nel 2007) i 14 volontari impegnati hanno contattato nell’ultimo anno una novantina di persone (37 italiani e 54 stranieri), 55 famiglie con un totale di 89 figli. Si tratta di donne separate, uomini con dipendenze varie, persone senza lavoro, che vengono aiutate attraverso la fondamentale opera di ascolto e in stretto collegamento con i servizi sociali. L’area di intervento è il decanato, ma spazia anche oltre fino alla Vigolana dove tra qualche mese dovrebbe operare “Solidarietà Vigolana”, un nuovo soggetto di volontariato.

Il Cedas di Pergine l’anno scorso ha ridotto l’attività in seguito all’indisponibilità della sede alla Provvidenza in ristrutturazione. Ha comunque avviato un percorso nuovo basato non più sulla semplice distribuzione di pacchi ma con un effettivo accompagnamento personale per responsabilizzare gli utenti. Negli ultimi anni l’aiuto è stato dato a 200-300 persone all’anno, in gran parte stranieri ma con gli italiani in aumento. Altro tipo di aiuto è venuto dalla costituzione del “Credito Solidale”, una forma di finanziamento straordinario (che va poi restituito) reso possibile grazie all’intervento della Cassa Rurale di Pergine (ora Alta Valsugana) ed altri enti e privati che hanno costituito un fondi di garanzia. Negli ultimi sei anni le domande sono state 148, di cui un terzo accolte, per un totale di oltre 74 mila euro. Dieci posizioni sono rimaste insolute per un totale di oltre 14 mila euro.

Interventi tutti che abbisognano di volontari motivati, capaci anche di far fronte alla crescente mentalità di ghettizzazione dell’altro, soprattutto straniero, che, come affermato dal parroco don Antonio, ha poco di cristiano e che contribuisce a creare una situazione che preoccupa non poco.

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