Liberi di redimersi

Incontro con Amedeo Savoia: “La persona è diversa dal suo reato e, nella maggior parte dei casi, chi segue progetti di reinserimento sociale non delinque più”. Ma cosa succede fuori?

L’esperienza di un uomo libero che porta il teatro in carcere. Le storie dei detenuti emerse grazie ad un laboratorio autobiografico in cui, chi non aveva mai scritto, scopre che gli piace e racconta la sua vita, e chi non diceva mai nulla comincia a comporre poesie che poi diventano canzoni. Sono intense e coinvolgenti le “Storie dal carcere fra scuola e teatro” che nascono da questo spazio di incontro fra libertà e prigione narrate da Amedeo Savoia – docente di lettere al Liceo “L. da Vinci” di Trento e alla Casa Circondariale di Spini di Gardolo, in collaborazione con il Liceo Rosmini – nell’incontro svoltosi giovedì 16 febbraio al Museo Diocesano Tridentino a Trento, nell’ambito della mostra Fratelli e sorelle. Racconti dal carcere (26 novembre 2016 – 2 maggio 2017).

“Sono entrato in carcere con tanta voglia di capire e curiosità, ed è sempre stato un lavorare insieme sentendo che l’io diventa noi”, ha esordito Savoia che, da molti anni, segue con altri insegnanti i percorsi formativi di quelli che lui considera semplicemente studenti, contribuendo a rendere effettivo il diritto all’istruzione e il valore della rieducazione.

Il docente ha riassunto in alcune premesse il suo approccio e letto i testi scritti da alcuni detenuti durante il laboratorio, lasciando ai presenti che hanno riempito la sala numerosi spunti per la riflessione personale. “Nessun buonismo e giustificazionismo nel raccontare queste storie, ma riprovazione per chi ha compiuto un reato e solidarietà per chi ha subito violenza. Chi sbaglia – ha proseguito -, deve pagare, ma ha pure diritto di riflettere e ravvedersi”. Il carcere, infatti, deve offrire progetti che diano l’opportunità di riscattarsi: “La persona è diversa dal suo reato e, nella maggior parte dei casi, chi segue progetti di reinserimento sociale non delinque più”. Ma cosa succede fuori? Ci interroghiamo sul clima di odio generale, che, amplificato dai social network, trova terreno fertile e diventa un sentire comune che sfocia nella giustizia personale, come testimoniato dalla recente vicenda di Vasto?

“Questo è un articolo di cronaca o una sentenza?” ha domandato Savoia dopo aver letto il pezzo pubblicato da un quotidiano locale sull’aggressione subita alcune settimane fa dall’edicolante Danilo Moser, nella centrale piazza Fiera, da parte di un gruppo di giovani. “I bulli devono assumersi la responsabilità della violenza compiuta e la rabbia espressa dai cittadini per il senso di impunità avvertito è comprensibile, ma resta il problema di capire una realtà molto complessa. Dire che devono essere puniti e finire in prigione significa che la storia finisce così, senza alcuna possibilità di redenzione”.

Il carcere, nell'immaginario collettivo, è un luogo che non si vuole vedere, e infatti, come ha sottolineato il docente, è stato oggetto di rimozione urbanistica, ma "per chi è dentro, è un posto in cui si cammina sul sapone: il detenuto può sbagliare con chiunque abbia a che fare e lo sbaglio è ritenuto irreparabile. C'è un'elevata suscettibilità perché tutti percepiscono l'aberrazione della disumanità di tenere una persona in gabbia".

L’incontro si è concluso, a sorpresa, sulle note dal vivo della musica in stile rap di Fari, giovane albanese che ha partecipato al laboratorio autobiografico, iniziando a scrivere testi in italiano: “Nel 2013 abbiamo realizzato uno spettacolo teatrale in carcere, Ulisse e il velo, in cui si è esibito insieme ad altri 15 detenuti, poi coltivare la passione per la musica gli ha consentito di ottenere permessi premio per motivi artistici e dopo tre anni è uscito per la prima volta dal carcere per incontrare alcuni musicisti e incidere le sue canzoni”. E il percorso non si ferma qui: “Essere qui oggi – ha concluso Savoia – rappresenta la prima tappa di un progetto che ha come obiettivo la realizzazione di un recital sulle storie dei carcerati”.

"Vorrei essere libero per volare/ un fiore per sbocciare/ delinquente non si nasce, si diventa/ sbaglio io, sbagli tu/ si può sempre rimediare", canta Fari. Un incoraggiamento rivolto a chi, pur avendo sbagliato, è libero di cambiare. Un invito a cogliere la volontà di riscatto di chi prova a riprogettare la propria vita per chi, fuori dalla prigione, è ingabbiato nella sua rabbia.

Il prossimo appuntamento è previsto l'8 marzo con Gherardo Colombo.

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