Volontariato, una chiave da far girare bene

Un'indagine sociologica “svela” il potenziale ruolo delle associazioni trentine nel promuovere un sano “civismo”. Purchè le politiche sociali ne tengano conto

Come risvegliare la partecipazione attiva dei cittadini nella società trentina? La chiave l’abbiamo sotto il naso, bisogna farla girare bene. Lo mette in luce la fresca “Indagine sul solidarismo, elemento fondante del sistema autonomistico trentino”, pubblicata da Trentino School of Management assieme alla Provincia autonoma di Trento e all’Università degli studi di Trento. Curata dalla dott.ssa Miriam Rossi, è stata condotta con l’obiettivo di contribuire a un dibattito maturo attorno al sistema solidaristico particolarmente diffuso e radicato in Provincia: basti dire che sono state individuate ben 4044 organizzazioni, per la maggior parte in ambito culturale e sportivo.

L’indagine, come sottolinea la ricercatrice, ha evidenti finalità politiche nel senso “buono” del termine, ossia rinuncia alla delega, impegno per la coesione sociale e l'aiuto alle fasce deboli. “Fotografare” il funzionamento e i compiti, di quest’associazionismo significa comprendere forse il solo modo possibile per vivere una cittadinanza veramente attiva e responsabile. Quella che il nostro politilogo Paolo Pombeni definisce nell'introduzione alla ricerca con il termine anglosassosone di civicness, una forma di civismo inteso come “buona educazione pubblica”, “appartenenza alla comunità civile e assunzione sulle proprie spalle dei suoi problemi”. Il sistema sociale vive oggi un processo di forte frammentazione di stili di vita, di esigenze, eppure i servizi erogati dallo Stato rimangono sostanzialmente standardizzati. La ricerca della TSM segnala quindi il rischio di creare un sistema pubblico incapace di gestire al meglio le relazioni sociali. Invece, questa crisi del welfare state può trovare un efficace risposta nell’associazionismo: esso rappresenta una palestra, secondo l'immagine di Miriam Rossi, in cui l’individuo può far crescere le proprie capacità e connettersi con gli altri creando un tessuto sociale vivo, innovativo e coeso. La rete del volontariato riesce nell’impresa impossibile di coniugare il contenimento dei costi pubblici con il miglioramento dei servizi offerti ai cittadini; potenzialmente “è più efficiente della macchina pubblica”.

La ricerca evidenzia a questo punto la problematica principale, ovvero la mancanza di un dialogo proficuo fra politica e associazioni; risulta esserci troppo spesso “scarsa propensione a coordinarsi e lavorare assieme agli attori delle politiche sociali”. Quindi, il rischio ricorrente è che che il volontariato venga “schiacciato” nella propria autonomia e libertà d'azione, anche involontariamente, dalla dipendenza dai finanziamenti pubblici provinciali.

Un tessuto civile ricco e politiche sociali più forti rappresenterebbero il terreno adatto alla sollecitazione e alla crescita del volontariato. Dai dati emerge infatti che in Trentino il proliferare di associazioni solidali non avviene – come si potrebbe pensare – in territori di particolare bisogno sociale, ma dove il benessere socio-economico è medio-alto. Oggi si è infatti invertita quella tendenza di riorganizzazione sociale per cui la presenza di associazioni era sbilanciata verso le zone più povere del Trentino: nelle Valli Giudicarie e Val di Non infatti notiamo la presenza di un numero molto elevato di associazioni di cura e di soccorso nate proprio per far fronte alle forti migrazioni di fine Ottocento.

La crisi delle ideologie collettive e le difficoltà attuali del sistema di partecipazione politica sembrano forgiare anche una nuova tipologia di volontario. Il disinteresse ad ottenere benefici economici non sempre è sinonimo di valori etici (“generosità, umanitarismo, solidarietà…”). Dalla ricerca risulta che il volontario compie un atto di potenziamento della propria coscienza riflessiva; cerca anche risposta ai propri bisogni di crescita personale, riconoscimento e affermazione sociale.

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