Canestro a L’Avana

A settembre, l'Aquila Basket ha organizzato nella capitale cubana un camp al quale hanno partecipato quaranta ragazze e ragazzi. “Bilancio positivo, sarebbe bello poter tornare anche il prossimo anno”]

[“La cultura sportiva viene insegnata fin da piccoli e accompagna non solo la formazione scolastica, ma anche tutta la vita dei cubani”

Ci sono canestri che fanno vincere le partite e canestri che possono durare settimane, mesi, anni. Canestri dai nove metri e canestri lunghi migliaia di chilometri; come quelli che dividono Trento e L'Avana che da oggi, però, sono un po' più vicine. Le basi di questo ponte che dal bianco e nero della bandiera dell'Aquila Basket si colora di rojo e azul caraibico, le ha gettate proprio la società trentina che, dal 7 all'11 settembre, ha organizzato nella capitale cubana una camp di pallacanestro.

L’iniziativa si inserisce nell’ambito del progetto Trentino Basketball Academy, ed è nata grazie alla collaborazione e all'appoggio della “Asociacion Escuela De Futbol Habana”, associazione fondata da un gruppo di ragazzi trentini con l'obiettivo di collaborare allo sviluppo del calcio a Cuba, ma presto ampliatasi ad altre discipline sportive. Dal campo al parquet il programma sociale è rimasto lo stesso: contribuire alla scarsità di risorse e materiali, trasmettendo ai giovani atleti i valori di uguaglianza, inclusione e cooperazione.

“È stata una settimana davvero intensa”, ricorda Giullermo Austin, stimato allenatore del settore giovanile aquilotto, rientrato da pochi giorni dall'Avana dove, assieme al responsabile del minibasket Alessio Bonetti, ha potuto allenare in stretta collaborazione con alcuni coach locali quaranta ragazze e ragazzi dagli 11 ai 14 anni, selezionati dalla Federazione nazionale tra le scuole dei 15 municipi della capitale.

Due ore in palestra alla mattina, due al pomeriggio. “Ho visto ragazzini educatissimi, attenti ed entusiasti, con una voglia matta di imparare e di mettersi in mostra, di dimostrare che si meritavano di essere là”, sottolinea l'allenatore argentino. “D'altra parte, la cultura sportiva – uno dei pilastri della rivoluzione – viene insegnata fin da piccoli e accompagna non solo la formazione scolastica, ma anche la vita lavorativa dei cubani”.

E anche se gli impianti dove allenarsi sono pochi, se spesso il materiale è carente o manca totalmente, lo spirito è incredibile: c'è voglia di fare tanto con poco. Dai campetti polverosi dove i ragazzini improvvisano partitelle sotto il sole cocente all'allenatore che porta la sua squadra alle gare in trasferta in bus: l'amore per il basket, che nel cuore dei cubani è secondo solo al baseball, si nota ovunque. E non a caso, a fine aprile, nel graduale allenarsi delle tensioni tra USA e Cuba, la NBA, in collaborazione con la Federazione internazionale, ha organizzato all'Avana un camp di sviluppo, coinvolgendo nel progetto le nazionali cubane maschile e femminile.

Pochi mesi dopo è stata la volta di Dolomiti Energia. “Siamo stati la prima società professionistica a mettere in piedi un'iniziativa simile a Cuba”, precisa con una punta di orgoglio “Gully” Austin. “Siamo entrati in punta di piedi, ci siamo confrontati tra allenatori, abbiamo lavorato insieme nel rispetto delle diverse metodologie di insegnamento; è stato un momento di crescita per tutti”.

L'obiettivo del progetto, infatti, non vuole essere soltanto quello di scoprire potenziali talenti, ma anche quello di farsi conoscere, condividere conoscenze, far nascere contatti e relazioni. Da qui, si ripartirà per sviluppare possibili, futuri scenari. “Sarebbe bello poter tornare anche il prossimo anno, ampliando magari il bacino di atleti e coinvolgendo un numero crescente di allenatori”, conclude Austin. “Il bilancio di questa prima esperienza è certamente positivo”.

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