La sfida più grande

Meditando, nella Settimana Santa, la Passione e Morte del Signore, proviamo a confrontarci con l’unica realtà che non ammette scappatoie: la morte

Anni fa, andando a Lourdes, una dottoressa che si dichiarava atea e che accompagnava sua madre, sedette vicino a me e il discorso, chiaro, fu sulla religione. Il punto più complicato del nostro dialogo? La morte. Davanti alla sola idea della morte lei si zittiva: non aveva più niente da dire. Frustrazione totale! Se non c’è una base di fede, il discorso finisce li. E se non si sta attenti ne viene una frustrazione che toglie anche il vero senso del vivere. Com'è complicato dover affrontare l’esperienza della separazione dalle persone care. Non credo ci sia una sofferenza maggiore che perdere una persona che amiamo. Senza la fede, è impossibile dare un senso a ciò che umanamente percepiamo come una tragedia. Una “porta” che ci viene sbattuta in faccia! É difficile accettare questo chiudersi per sempre di una realtà, proprio perché siamo nati per la vita. E quanto dobbiamo convertire la nostra mentalità se vogliamo essere in sintonia con il Vangelo.

Meditando, nella Settimana Santa, la Passione e Morte del Signore, proviamo a confrontarci con questa realtà, l’unica che non ammette scappatoie: la morte, anche la nostra! Come fare proprie le parole di Gesù a Marta: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà; e tutti coloro che vivono e credono in me in nessuna maniera moriranno per sempre” (Gv 11,25-26). E Gesù pone pure la domanda, che è rivolta anche a me e a te: “Credi questo?”. Credere questo comporta il riappropriarsi della certezza di fede che la morte non è una porta che si chiude, ma una porta che si apre alla totalità della vita. Credere che la nostra vita continua dopo questa vita, totalmente trasformata. Che la morte, come punto finale, non esiste; esiste solo come una tappa che si conclude. Dalla vita terrena saremo lanciati nella pienezza di Vita che è la realtà di amore infinito dello stesso Dio. Come il bambino nel seno della madre, che non sa cosa può succedergli nascendo, cosi è la nostra situazione: siamo nati un giorno, ma non siamo ancora nati del tutto. Sarà la morte la nostra piena nascita alla vera vita.

Sento di dover ringraziare il Signore che non ci ha permesso di sapere cosa sia la vita in pienezza in lui, altrimenti la cosa più difficile sarebbe resistere in vita su questa terra. Anche questo è un segno dell’amore del Signore.

Paolo dice di aver sperimentato, rapito in cielo, la presenza di Dio (2Cor 12,2 ss); e concludeva: “Preferisco lasciare l’abitazione di questo corpo, per abitare con il Signore” (2Cor 5,8). Sono convinto che nella misura in cui aderiamo alla realtà che Gesù esprime parlando con Marta (Gv 11,25-26) sentiremo veramente che nella morte continuiamo a vivere e che se ancora siamo vivi non passeremo per l’esperienza della morte. La morte fisica, come fine della nostra presenza nel tempo e nello spazio, con tutto ciò che in essa possiamo vedere di negativo, di fallimento, di frustrazione, sarà totalmente superata. Una certezza del genere è anche il maggior aiuto per vivere meglio. Dev’essere proprio vero che chi ha paura della morte non sa vivere. Questa garanzia che Cristo Gesù ci da, ci obbliga pure a convertici dalla maniera nostra di “vedere” i nostri cari parenti che già sono morti. Relativizzare il cimitero, la costruzione di mausolei, di monumenti funebri, fiori e lumini… tutto questo dovrebbe essere solo un modo di sentire i nostri defunti presenti, un’occasione per non dimenticarci di loro, ma in verità nel cimitero non c’è più nulla di quello che loro sono. Solo gli ultimi “vestimenti” di carne e ossa che permetteva loro di essere presenti in questo mondo. Loro stanno nella pienezza di Dio. Per chi crede e prende sul serio le parole di Gesù, che dice: “Verremo a lui e faremo in lui la nostra casa” (Gv 14,23), allora abbiamo il diritto di sentire i nostri cari defunti presenti “dentro di noi”, non più solo prossimi a noi, veri angeli custodi della nostra vita. Mentre preghiamo per loro, preghiamoli perché intercedano per noi presso il Signore.

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