Le Palme e il cireneo

[Mons. Tisi riflette sull'uomo venuto da Cirene

Dopo la processione delle Palme da Santa Maria Maggiore in Duomo, domenica scorsa l’arcivescovo Lauro ha offerto una riflessione che si è incentrata sulla figura di Simone di Cirene. “Mi preme – ha sottolineato l’Arcivescovo ai fedeli – farvi notare l’origine di quest’uomo: la terra africana. Ad aiutare Gesù a portare la croce è un africano”.

“Nell’incrocio di sguardi tra Gesù e l’uomo di Cirene, ancora una volta, ci è fornito uno spaccato inedito sul nostro Dio – continuava l'arcivescovo – Mitezza e umiltà lo avvolgono, sono la sua forza e potenza. L’uomo di Nazareth si lascia aiutare, solo chi ha la disponibilità a ricevere è in grado di dare, solo chi si lascia aiutare è in grado di donare in modo gratuito e disinteressato. Gli occhi del Cireneo s’imbattono in un Dio nuovo, che mai si sarebbe immaginato di incontrare: un Dio che si lascia aiutare”.

Tisi si è poi chiesto: “Concretamente cosa significa prendere su di sé la croce di Gesù? La nostra vita – ha risposto – ogni giorno deve fare i conti con le ombre. La relazione con gli altri non è mai a costo zero, è sempre attraversata da fatica, delusioni, talvolta da tradimenti. Ogni giorno facciamo i conti con la paura dell’altro. La diversità la sentiamo come minaccia. Il pensare diverso ci inquieta. La vita, anche a noi, come a Simone di Cirene riserva sorprese, situazioni inedite, partite che mai avremmo pensato di dover affrontare. A ciascuno di noi, la Croce di Cristo offre luce e speranza”. E, ancora, in un altro passaggio: “Credere nel Dio di Nazareth altro non è che immettere nella nostra vita l’antidoto alla morte: l’amore che si fa servizio, perdono, gratuità. Non servono competenze speciali, studi particolari, basta lasciarsi interpellare, come il Cireneo, dalla vita. Permettete che lo dica: la vita sta domandando questo Dio del Gòlgota, sta chiedendo cirenei del servizio e del perdono per fermare la forza bruta della violenza e dell’aggressività”.

Quindi la conclusione con un invito: “Cara Chiesa di Trento, non farti trovare in ritardo. Possano gli uomini e le donne di questa terra sperimentare presso di te la serena e umile gioia riservata a chi non abdica all’amore e al perdono”.

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