Una rete proprio come quella del letto

“Ho avuto la fortuna di incontrare persone, che mi hanno dato tanta energia positiva e tanti consigli buoni”

Quando penso a Casa Fiordaliso, sorrido. Se capita, ci torno volentieri: rivedere le stanze in cui ho vissuto un periodo della mia vita e che riconoscerei ad occhi chiusi, mi infonde ancora tanta serenità. Vengo da un centro della val di Non, dove sono cresciuta con quattro fratelli; ognuno di noi ha fatto la propria vita perdendo di vista gli altri, finché la morte di nostro padre, il mio mito, il mio eroe, ci ha fatti ritrovare e riunire, stretti stretti come pulcini attorno alla mamma.

È da mia madre che ho imparato ad affrontare con grande forza d’animo le difficoltà che mi sono trovata a vivere.

Ho frequentato le “Canossiane” a Trento. Ho conosciuto il mio compagno proprio nel mio paese, dove lui lavorava come muratore assieme allo zio.

Sono entrata a Casa Fiordaliso qualche anno fa. Era piena estate: davanti a me nebbia e confusione, alle spalle un compagno che avevo molto amato.

Purtroppo il nostro rapporto, dopo un primo periodo di piena intesa, si era spezzato. Eravamo andati a vivere insieme subito dopo esserci conosciuti, fiduciosi nella forza del nostro amore. Non avevo neppure diciotto anni quando partorii D., il nostro primo figlio; ero molto spaventata per la responsabilità che sentivo pesarmi sulle spalle, tenendo conto del fatto che non solo eravamo giovanissimi, ma avevamo anche pochissime disponibilità economiche. Quando, dopo quattro anni, rimasi incinta una seconda volta, mi chiesi subito come avremmo potuto fare ad andare avanti ed entrai nel panico, cercando disperatamente una soluzione. Non volevo interrompere la gravidanza, perché ho sempre pensato che una madre non può uccidere la creatura viva che porta in grembo. Mi venne in mente che avrei potuto lasciare il bimbo in ospedale subito dopo il parto, perché fosse dato in adozione.

Ma quando nacque DD., il mio angelo dallo sguardo furbo, non ebbi la forza di abbandonare quella bambina, nata dall’amore che io ed il mio compagno provavamo l’uno per l’altra. La caposala del reparto di Ostetricia, vedendomi angosciata per il nostro futuro, mi diede un grande aiuto segnalando la nostra situazione ai Servizi sociali del territorio. Grazie al loro intervento, a pochi giorni di distanza dalla nascita di DD. il Tribunale dei Minori emanò un decreto che prevedeva il nostro inserimento in una struttura; se mi fossi opposta, avrei perduto i bambini. Mi sentivo sballottata e confusa, perché non avevo avuto il tempo di comprendere che cosa volesse dire entrare in

una comunità: passai infatti a velocità fulminea dall'ospedale a Casa Fiordaliso.

DD. era nata all'inizio di luglio e la settimana successiva dovevo già preparare i bagagli per trasferirmi in un luogo di cui non avevo mai sentito

parlare. L’ingresso in Casa non fu facile, né per me né per D. il mio primo figlio che, fino ai quattro anni, ebbe bisogno di un supporto psicologico per aiutarlo a far chiarezza su cosa stava succedendo nella nostra famiglia. Intanto le relazioni col padre dei miei bambini si erano spezzate: mi aveva tradita, e soffrivo amaramente perché il nostro progetto di famiglia era sfumato in modo così doloroso.

Mi sentivo sola e senza speranza. Pur essendo cresciuta con quattro fratelli, ed essendoci a casa nostra un caos continuo, facevo fatica ad adattarmi alla convivenza

con le altre mamme. Con alcune di loro, alle volte, mi capitava di litigare furiosamente, dato il mio caratterino suscettibile e intollerante di qualsiasi fatto che percepissi come un’ingiustizia. A volte ero così esasperata che mi mettevo ad urlare, come successe un Capodanno, in cui io ed un’altra mamma ci aggredimmo a parole forti e fummo riprese severamente dagli operatori. Gli stessi che, con pazienza, mi aiutarono a cambiare atteggiamento. Il Tribunale dei Minori dispose una prima verifica della mia capacità genitoriale, che andò male. Ero terrorizzata che mi allontanassero dai bambini, ma la psicologa e gli operatori mi diedero fiducia e mi insegnarono a non scoraggiarmi e ad impegnarmi con tutte le forze per dimostrare che ero in grado di diventare una mamma affidabile.

A poco a poco imparai anche a condividere spazi e tempi con le altre ospiti, rispettando tutti e tutte; era come se le persone che mi circondavano, in quel periodo mi stessero aiutando a costruire una rete solida cui appoggiarmi.

Una rete proprio come quella del letto, che regge il peso del materasso e ti permette di dormire serena, senza paura di precipitare e di svegliarti al mattino

caduta per terra. Anche avere delle regole da rispettare mi è stato d'aiuto; e se all’inizio non ero abituata ad avere dei punti di riferimento chiari e coerenti, poi sono maturata. Ho cominciato ad avere fiducia in me, imparando

chi sono e chi voglio essere. Ora vivo da sola in un’altra struttura, lavoro in un negozio e ne sono soddisfatta.

Ho vinto il mio timore di essere giudicata male dagli altri, specie quelli che non conosco e verso cui provo soggezione. Mi sento davvero cambiata in tanti comportamenti: ad esempio, se prima reagivo impetuosamente di fronte a quelli che mi sembravano degli sbagli aggredendo chi li aveva commessi, adesso so fermarmi e chiedermi: “Ma anche tu, cara V., puoi aver sbagliato in qualcosa!Prova a pensarci!” Sono stati tanti e impegnativi i passaggi ch e mi hanno condotta alla mia vita attuale, ma ho avuto la fortuna di incontrare persone, tra le quali gli operatori di una Comunità del territorio cui mi sono appoggiata dopo Casa Fiordaliso, che mi hanno dato tanta energia positiva e tanti consigli buoni, ad esempio su come organizzare il tempo e gestire il denaro. Ora il mio prossimo obiettivo è andare a vivere in serenità con i miei bambini in una casa Itea, dove riuscirò a giocare al meglio tutte le carte della mia vita, per me e per loro.

Storia di V.

(per gentile concessione delle edizioni New-Book)

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