“La Costituzione? E’ come la rete per i trapezisti”

“La Costituzione è come la Salerno-Reggio Calabria”, ha detto uno degli studenti. “Per me invece è come la rete stesa sotto i trapezisti – ha detto un altro –. Noi ogni tanto ci prendiamo dei rischi, troppi rischi. Se cadiamo, la rete sotto ci salva”. “La Costituzione dovrebbe essere la legge fondamentale della società. Ma in Italia non è solida, non dà punti di riferimento stabili: è come una palude”. Sono solo alcune delle tante, suggestive immagini che gli studenti di una classe di diritto costituzionale hanno descritto per definire cos'è per loro la Costituzione italiana.

“Sono immagini particolari, che richiamano esperienze e storie personali non comuni: la classe, infatti, è quella costituita da alcuni detenuti della casa circondariale di Spini di Gardolo”, spiega il prof. Carlo Casonato, ordinario di diritto pubblico all'Università di Trento. Casonato, responsabile del progetto per la Facoltà di Giurisprudenza, ed altri colleghi docenti dell'Università di Trento (Emanuele Corn, Chiara Cristofolini, Barbara Marchetti, Simone Penasa), e non solo (Lucia Busatta dell'Università di Padova, Marta Tomasi della Libera Università di Bolzano e Stefano Paternoster del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci) hanno svolto dodici lezioni sulla Costituzione, da febbraio a maggio 2017, per una decina di persone ristrette, al 60% italiane, ma anche straniere, durante le quali ci si è confrontati sui temi del diritto alla salute, del principio di eguaglianza, della libertà personale, del lavoro e della libertà religiosa.

Il progetto “Da cosa partire per integrare: riflessioni sulla Costituzione” è nato dall'idea di due volontari dell'Apas – Associazione Provinciale di Aiuto Sociale per i detenuti, gli ex-detenuti e le loro famiglie, Matilde Bellingeri, che è anche studentessa a Giurisprudenza, e Aaron Giazzon. Grazie a una convenzione con la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, è stato possibile instaurare un dialogo a più voci tra i docenti e una classe di detenuti della casa circondariale di Spini di Gardolo. Il progetto si è concluso il 22 maggio scorso, con l'ultima lezione.

I risultati dell’esperienza sono stati presentati lunedì 29 maggio presso la sala della Fondazione Caritro a Trento. “Non solo all’interno delle carceri, la Costituzione è considerata come un elenco di promesse che esistono solo sulla carta e che risultano in realtà tradite. Concetti come la pari dignità sociale (art. 3) o lo scopo rieducativo della pena (art. 27) sono in questo senso percepiti come una bella favola, ancora non realizzata a 70 anni dalla loro scrittura”, ha detto il prof. Carlo Casonato. “Instaurare un dialogo tra persone libere e non libere è importante e necessario, le discussioni che animano chi attraversa un periodo di detenzione sono molto simili a quelle di chi è fuori”. Matilde Bellingeri, nel riportare le riflessione emerse duranti gli incontri, ha sottolineato la necessità e l'urgenza “che la società esterna cambi la percezione della persona detenuta e non la identifichi più semplicemente solo con il reato commesso”. “Portare la Costituzione e affermare i diritti all’interno di un luogo di privazione della libertà significa mettere una polizza sul fatto che anche i diritti delle persone libere siano garantiti”, ha ribadito Franco Corleone, coordinatore regionale dei Garanti dei detenuti. All’incontro sono intervenuti anche l’avvocato Andrea de Bertolini, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Trento, e lo stesso Aaron Giazzon, coordinatore del progetto per l'Apas.

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