In morte di un poeta

Nobel per la pace 2010, era stato vicino agli studenti di piazza Tienanmen

Liu Xiaobo, il poeta dissidente cinese imprigionato per le sue idee dalla dittatura di Pechino, è morto dopo una lunga malattia. Era stato liberato dal carcere appena due settimane prima della fine. Per lunghi, interminabili, faticosissimi otto anni era stato segregato e gli era stato impedito di comunicare, scrivere, proferir parola in pubblico (che è, a ben pensarci, la missione del poeta!). Ricordiamo quella sedia vuota alla consegna del Nobel per la Pace 2010 a Oslo, accanto alla sedia vuota della moglie, la poetessa Liu Xia.

Liu Xiaobo, nell’anno del suo arresto, il 2008, aveva lanciato un appello sottoscritto da centinaia di persone (cosa non facile in un clima di censura e di sospetto) per chiedere al regime comunista aperture nel senso del pluralismo, delle libertà e dei diritti fondamentali di ogni persona. Era stato tra i sostenitori della rivolta di Tienanmen: li ricordiamo bene come fosse ieri, ed era il 1989, quei ragazzi che andavano incontro ai carri armati, cercavano di fermarli, la nuda forza della ragione contro la brutalità della forza delle armi.

“Questo è il nostro Paese, se non facciamo noi quel che dobbiamo fare, chi lo farà per noi?” era più di uno slogan, un monito, un assillo, in quella che si era rivelata una rivolta nonviolenta e pacifica che andava coinvolgendo migliaia di giovani. Liu, in quei frangenti, era tornato dall’America e si era precipitato a Pechino riuscendo a convincere quei ragazzi a sospendere lo sciopero per non morire di sete e di fame. Avrebbe potuto vivere a lungo, Liu, ricco, ossequiato e felice, circondato dal consenso di un vasto pubblico nell’establishment del partito e dell’apparato statale. Chi gliel’ha fatto fare di contrapporsi, protestare, levare alta la sua voce per la difesa dei diritti umani? Cosa spinge le persone più sensibili e schiette a mettersi in gioco e pagare un conto salato in regimi che non danno scampo? Sono interrogativi di una sconcertante attualità in molte aree di illibertà e oppressione. E non solo là.

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