“Zizzania e buon grano insieme fino alla mietitura”

Sap 12,13.16-19;

Sal 85;

Rm 8,26-27;

Mt 13,24-43

Da bambino ero uno scolaretto un po’ irrequieto e un sognatore fantasioso, quando si trattava di aprire un quaderno per fare i compiti; della scuola mi piaceva specialmente la mia maestra. Era un’insegnante apprezzata da tutti per la sua esperienza didattica e per la sua risolutezza. Aveva conquistato il mio cuore non tanto per le sue indubbie qualità professionali, quanto piuttosto per la sua pazienza: senza nulla togliere alla serietà con cui di giorno in giorno sviscerava i programmi scolastici, sapeva tuttavia attendere, rispettando i tempi di apprendimento, di crescita e di maturazione di ognuno. Dopo i miei genitori nella classifica dei più amati c’era lei, la mia cara e paziente maestra.

Diventato a mia volta insegnante, ho cercato di far tesoro di questo suo lascito così prezioso, pazientando con i ragazzi in difficoltà, andando alla ricerca dei perché di certe loro reazioni inconsulte e preferendo sempre il dialogo pacato all'imposizione urlata. Ogni volta che mi sentivo dire: «Sei così paziente con noi, maestro!», capivo di aver raggiunto l’obiettivo.

Anche Dio vuol fare centro nella nostra vita, svelandoci la benevolenza del suo cuore e facendoci sperimentare la sua vicinanza rispettosa e discreta. L’autore del brano della prima lettura dal libro della Sapienza ne descrive i suoi tratti inconfondibili, dicendo che ha “cura di tutte le cose”, è “indulgente con tutti”, giudica “con mitezza” e ai peccatori “concede il pentimento”.

Gesù stesso ci ha consegnato un’immagine di Dio sorprendentemente nuova: il Regno, che ha annunciato vicino e che ha incarnato nella sua persona, è pervaso da questa divina Presenza, che svela la sua paternità premurosa e il suo tergiversare indulgente pur di far trionfare il bene in noi, suoi figli. In quest’ottica credo vadano lette le tre parabole della zizzania, del granello di senape e del lievito, narrate nel vangelo di questa domenica.

La parabola del buon seme e della zizzania ci descrive la pazienza del Padre celeste. Egli, “il padrone di casa”, ha sparso nel mondo il seme della sua grazia, l’ha seminato in ogni cuore. Il nemico, il diavolo, sempre in agguato, “mentre tutti dormivano”, ha sparpagliatola zizzania, per compromettere il raccolto e ostacolare così la realizzazione del Regno. I servi vorrebbero estirpare subito la malapianta, ma il padrone risponde: «No, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano». Verrà il tempo della mietitura, della pienezza del Regno, allora verrà bruciata.

Quale rispetto ci porta Dio e quanta fiducia ci accorda! Sa che nel campo della nostra vita le spighe del bene rischiano di essere soffocate dalla zizzania di mille egoismi e di innumerevoli insidie, malgrado ciò, temporeggia mettendo in campo tutte le sue energie, per evitare il peggio. È un Dio che pur chinando il capo dinanzi alla nostra libertà, tuttavia in cuor suo è certo che il bene trionferà. Che crescano, dunque, insieme le spighe e la zizzania: l’ultima parola sarà la sua!

La parabola del granello di senape ci insegna a non dubitare mai dei doni di Dio. Pur essendo “il più piccolo di tutti i semi”, questo granellino quasi invisibile sprigiona un’energia vitale insospettata, diventando il “più grande”, ossia “un albero” lussureggiante, dove gli uccelli vanno a nidificare.

Il Creatore non ha dubbi, sa di aver usato una buona materia prima, quando ci ha plasmati e, nonostante l’incidente di percorso del peccato d’origine e delle sue tristi conseguenze, è consapevole di riaverci rimessi in sesto grazie alla redenzione, compiuta da suo Figlio. È un inguaribile ottimista il nostro Dio: anche quando ci sentiamo in balia di improvvisi e violenti marosi, che ci trascinano alla deriva, ad attenderci c’è sempre Lui, che si ostina a sognare grandi cose per la nostra vita.

Infine, la parabola del lievito, che “una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata”, ci ricorda che la grazia ha bisogno dello scorrere dei nostri giorni per diffondersi in noi e farci crescere in santità.

È un’arte saper fare bene il pane: ci vuole il lievito madre e tempo per completare la lievitazione, perché il pane, appena sfornato, c’incanti col suo profumo e ci soddisfi con la sua bontà. Qualità degli ingredienti; tempo per lavorare l’impasto e permettere che cresca; fragranza e sapore: ecco il pane.

Grazia elargita a piene mani; attesa divina anche per un’intera vita; profumo di opere buone; sapori inconfondibili di amore donato e ricevuto: ecco il Regno, che si realizzerà pienamente anche in ciascuno di noi “alla mietitura”, quando “i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro”.

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